Engadina ( vai alle immagini ) | |||
(Ricordando i Maestri: Segantini e Pellizza Di Volpedo) «Annemarie Scharzenbach a proposito delle sensazioni di Nietzsche riguardo l’Engiadina così s'esprimeva: "E' oasi di pace, un luogo per ritirarsi, dove ogni cosa prende il suo posto, un luogo in cui tutto ha la propria giustezza, dove niente ha bisogno di spiegazioni, un luogo di conforto e di luce". Già la luce, l’elemento principale della mia pittura “alpina” che da monzese mi lega alle catene delle prealpi lecchesi in cui sono cresciuto fra: Grignone, Grignetta e Resegone in età infantile. I primi oli sono le visioni che scorgevo dal terrazzo di casa nei bei tramonti su quel cielo di Lombardia di manzoniana memoria. Il mio fare arte ha un approccio con la montagna emozionale, forse più che con il tema “mare”. Montagna è: avventura, libertà e scoperta. Superamento dei propri limiti, ossigenazione artistica e forse riflessione interiore mai sufficiente. Dinanzi al monte provo un senso di stupore. Non è come per l’acqua del mare che mi è forse più naturale. L’ambiente più amato tra i molti che ho visitato è certamente l’ineguagliabile Engadina. È molle e verde verso maggio e tinta di una intensa tinta che pare cantare… Le cime del Bernina fan da contrasto sui tersi cieli di quei 322 giorni l’anno di sole. Sembra veramente il paradiso. Da perfetto romantico, alla Friedrich, percorro le Alpi con l’idea del Gran Tour. Tutto si rasserena. E diviene Sturm und Drang in cui lo sgomento e la furia esprimono la malinconia e l’angoscia esistenziale dell’umano dinanzi al creato. La Natura è per me simbolo ed arcana identità. È stupore. Meraviglia, lode. Dall’Italia provo una grande emozione a compiere la via più corta passando per Novate Mezzola –così tetro lacustre paesaggio rispetto ciò che mi si aprirà fra poco- e Chiavenna e facendo tutta la Val Bregaglia. Qua e là testimonianze della Famiglia Giacometti, in una compostezza di Stampa è incredibilmente fascinosa e lo è ancor più la veloce salita sui diversi tornanti nella Maloja di segantiniana memoria. L’ufficio postale di Alberto Giacometti e lo stupendo atèlier di Segantini mi sembrano qualcosa di estremamente familiare; semplice architettura serena rispettosa del paesaggio: in pietra la prima, in legno la seconda. Di montagne ne ho viste tante ma così “magnetiche” come queste non credo. Le marmitte dei giganti –enormi erosioni dei ghiacciai formatesi durante l’epoca glaciale- attirano la mia attenzione come Pian Cavallo nella distesa che poi riconduce alla Diga di Albigna, grande opera ingegneristica sopra l’abitato di Posta. Plaun da Lej fra odorosi larici e molti toni rispecchiati sullo stupendo laghetto chiuso dall’arco del Malojapass. Impressionante la cavalcata al galoppo sul lago ghiacciato. È una gioia fantastica assaporare l’aurora e respirare i colori per poi porli sulla tavola, quando i toni violacei sono una sinfonia in cui il silenzio è sonoro, ricolmo di piccoli suoni: rivi cantanti, cinguettii, animali fra fronde, rapaci fendenti l’aria in picchiata, o di contadini che sul far della sera parlano alle loro mucche… Umanità estrema, in cui il caleidoscopio dei colori si scompone e si manifesta sui prati, pascoli per molti cavalli nei pressi di Sils Maria. Qui tutto è pace, fra germani reali e canneti sull’Inn. Così scriveva Friedrich Nietzsche: "Sils - heir glaubte ich, die gebündelte Kraft des Universums zu verspüren. Sie hat mich durchlebt als sei ein reiner Geist zugegen, ein Gott sogar.-" ["Sils -lì credevo di sentire l'accumulo di energia dell'universo. Un'energia che mi penetrava quasi fosse uno spirito puro, un Dio addirittura"]. La Sankt Moritz che ho colto non è quella consumistica del Casinò bensì quell’accumulo di tensioni, silenzi e purezze «Qui si vive a 1890 sopra il mare, a quindici e sino trenta gradi di freddo in una casetta tutta di legno e molto comoda con mia moglie e i tre figli. Da queste parti non passò ancora il fischio della macchina né mai si udì tocco di campana. Silenzio sempre, interrotto dal fischio del vento e dall’abbaiare dei cani». Così scriveva Giovanni Segantini all’amico Pellizza di Volpedo da Maloja. Quest’atmosfera è praticabile -senza sforzi estremi- recandosi alle pendici del ghiacciaio Morteratsch, la cui storia commuove, oppure per la Val di Fex, alle spalle dell’abitato di Sils, verso il Passo del Muretto –detta anche val di marmott-. Da togliere il fiato i laghetti meno conosciuti, oltre al Bianco e al Nero del Berninapass, il Laj de Rims nell’International Park, sul versante svizzero del Park Natiunal poco sopra Müstair. I colori più avvincenti fra i larici che man mano si diradano verso il Passo di Bernina per discendere in Val Poschiavo. Il ghiacciaio di Diavolezza, il Piz Nair, il Corviglia che domina la mondana Sankt Moritz: colti in momenti “liminari” come il sorgere del sole, il tramonto –come l’omaggio a Giovanni Segantini- dipinto -dal suo Segantini Hut- dopo aver visto una tempesta settembrina in quota e nella valle un infuocato tramonto centinaia di metri più sotto… Immagini nate da sensazioni. Istantanee della passione per le rocce e per i ghiacci. E prima del Berninapass –salendo da Angeli Custodi- su una casa, prima della deviazione per il Furklapass con il pentagramma si può leggere: "Sogin seren non è, se rasserenerà…" e anche se imperversa la bufera, i colori sono sempre stupendi. Tutto
qui è caleidoscopio dell’inimmaginifico incanto». ALESSIO VARISCO, Magister artium Sils, 1 gennaio 2002
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