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I cavalli andalusi ( vai alle immagini )  

«I cavalli della penisola iberica sono da amare e scoprire nei loro ambienti naturali, i tedeschi direbbero –in ambito esegetico- sitz im leben, poiché riescono ad esprimere i colori dei caratteri, del loro “sangue” e delle loro connaturate peculiarità.

Due sono le razze: andalusi e lusitani. I secondi portoghesi, i primi provenienti dall’Andalusia –regione del Sud della Spagna-. Entrambe le razze sono da molti assommate. In realtà detta sintesi appare erronea non solo per le differenze geografiche ma anche per i caratteri genetico-morfologici.

I cavalli andalusi dal manto chiaro hanno sempre attirato la mia attenzione per la grazia e nobiltà che in modo garbato e istintivo esprimono. Dal carattere generoso ed ottenuti dall’incrocio fra berberi e razze autoctone furono istituiti come razza grazie all’opera dei monaci certosini che ne favorirono la formazione di uno stud-book la cui linea appare gentile e migliorata dall’apporto di cavalli arabi selezionati. I conventi dell’Andalusia, di Siviglia in particolare, durante il XII secolo divengono l’ambiente di selezione di una razza che possiamo apprezzare per le enormi doti di forza e prestigio, frutto di accurate selezioni. Il galoppo dei destrieri spagnoli appare più lento di quello di altre razze, ma molto più scenografico e spettacolare. Quest’oggi sono allevati nella Grande Scuderia Statale di Córdoba dove i puledri vengono forgiati in veri fuori classe da esibizione favorendo gesti e tratti peculiari della razza e dell’indole di questi stupendi soggetti. Interessante è la doma di questi esemplari: i puledri sperimentano a cinque mesi circa una graduale addestramento divenendo autonomi dalle cure materne venendo posti in box. Qui a due a due i piccoli si infondono coraggio e non vivono traumi, o shock, lesivi per il loro futuro carattere ed attitudine alla sella. Giungono infine alla “prova cabeza” -nel modo più naturale- che consta nel lasciar annusare lo strumento che non risulterà loro ostile. Questa è la passione nel “formare” un cavallo speciale.

Il dinamismo e la vitalità dei cavalli liberi da briglie e sella, scossi, è comunicabile dopo averli visti in loco, magari sull’arenile la mattina. L’immagine evocata è quella di un soggetto artefice di gesti nella pulsionalità indomita in libertà, non di mero “equus somniator”.

Forse queste tavole sono in realtà lo studio preliminare per l’analisi della figurazione del Fedele-Verace, immagine apocalittica del Figlio di Dio –Cristo- che alla fine dei tempi monterà un cavallo bianco (dal testo greco giovanneo: hyppos leukos). Questi disegni rappresentano la preparazione e gli studi alla plateale visione descritta in Ap. 19,11ss. Epilogo di una storia ed inizio della Vera Storia, ove il Giudizio di Dio si fa luogo nella storia umana. Quale migliore destriero se non un andaluso dal manto cangiante, dal carattere equilibrato ed energico per accompagnare il Cristo? Con quel “paso de andatura”, passo saltellato, -come una danza- sui titoli di coda della storia».


ALESSIO VARISCO, Magister artium

Siviglia, 18 luglio 2003


 
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