Presentazione dell'Artista
GAUGUIN, IL PADRE STORICO
Teodolinda è unica: sfugge, Ella qualunque categoria espressiva morale
o storica per essere semplicemente se stessa dopo un’intuizione di verità
e in ogni sua opera ricomincia dall’inizio. E’ come se ogni volta
che dipinge, si riflettesse daccapo nella sua nuova opera come in uno specchio
per trovare un inizio e una fine nello sviluppo dell’intuizione che
l’ha condotta al momento creativo così come alla sua conclusione.
Ed ogni fine è anche un nuovo inizio: un percorso continuo nella progressiva
chiarificazione dei propri intenti estetici. Gauguin si comportava nella stessa
maniera: troppo “fauve” per essere dichiarato realista, troppo
colorista per essere un artista dell’espressione, troppo “art
nouveau” per definirsi primitivo; semplicemente Gauguin, se stesso.
Il recupero del primordiale, del puro gesto segnico, della scultura tradizionale
negra sono tutte tappe iniziali volte a dimostra re l’unicità
di un fare arte nel quale Gauguin ritrova le sue radici e riafferma un valore
nuovo in cui riflettere il proprio vissuto espressivo ed estetico; è
come se ad un tempo rileggesse la storia che lo ha preceduto trovandone però
un superamento per riproporla in una veste nuova con una lettura personalissima
che dà come frutto ultimo un capolavoro. E’ il caso della tela
dalle ampie dimensioni “D’où venons nous, que sommes nous,
où allons nous?” (1897, 141x376cm, olio su tela, Museum of Fine
Arts, Boston ), la più emblematica di Gauguin ,anche perché
non a caso venne prodotta nell’anno stesso del tentato suicidio, in
un momento dunque di profonda prostrazione interiore.
L’andamento ciclico di questo mirabile affresco del mistero dell’esistenza
umana se da un lato ricorda la linea fluida e appassionata della “Primavera”
di Botticelli dove il gesto di Mercurio è richiamato dal gruppo delle
donne che raccolgono la frutta, d’altro verso questa magnifica allegoria
vive di vita propria nell’affermazione dell’ineluttabilità
ciclica della vita fatta di nascita, dolore, amore, morte e nella conseguente
affermazione della futilità di ogni pensiero. Gauguin stesso la definirà
“opera filosofica” ,tagliando corto con coloro che volevano ad
ogni costo attribuirle significati alchemici o trascendenti. L’arte
è solo ciò che appare ed essa è sempre frutto di una
mancanza, di una sofferenza.
Tale concetto era già stato ben espresso otto anni prima nel “Christe
jaune”, mole piatta, statica su di un fondo assolutamente plastico,
decentrato rispetto alla prospettiva tradizionalmente intesa. Pie e devote,
alcune contadine bretoni; nella loro primitiva semplicità ringraziano
solo di essere al mondo; Cristo è per tutti. Questa democraticità
della spiritualità in cui ogni animo predisposto naturalmente alla
religiosità può di per sé abbeverarsi alla fonte di salvezza
di Cristo, l’uso dei colori reso con campiture accese liberamente accostate,
il gesto estetico reso alla portata di chiunque abbia il più piccolo
desiderio di accostarvisi, un’arte nata da una sofferenza. Sono questi
tutti elementi presenti nell’opera di Teodolinda che medita sul significato
dell’esistenza e si pone la domanda “da dove veniamo?”,
sempre rimanendo fedele a se stessa.
In quadri come “Partenza” (1997, olio su tela, 50x90cm) e “Promontorio
verso l’assoluto” (1997, olio su tela, 50x70cm), una sola è
la protagonista: la creatura umana che confrontandosi con la magnificenza
della natura espressione della divinità che pervade l’intero
universo, si domanda la ragione del proprio esistere e la meta del proprio
spirito errante: come le contadine bretoni contemplavano il Cristo giallo,
così l’uomo si sprofonda nella contemplazione della natura, delle
onde marine o di un piccolo lembo di terra bagnato dai flutti si chiede quale
sia il proprio posto in tanta vastità e vede le meraviglie che il creatore
ha plasmato.
Ma l’uomo, così come nell’allegoria di Gauguin non è mai staccato dalla natura, accetta semplicemente di farne parte in un ciclo ineluttabile e inscindibile con il destino che Dio ha scelto per lui.
Oltre l’orizzonte che divide il cielo dalla terra e lascia presagire l’eterno in “Partenza” lo sguardo va a cercare l’universo senza confini e il senso del tutto. Per poi scoprire di averlo già dentro se stesso.
Dr.ssa CRISTINA MARCHETTI
(Storico dell’Arte, Editorialista)