«Conosco
Alessio Varisco ormai da qualche anno: un giovane artista dalle molte
strumentazioni espressive, amante dello studio e della ricerca, mai soddisfatto
dei traguardi raggiunti, sospinto da un’incoercibile volontà
del nuovo.
Si abbandonava in genere a libertà e fantasie non figurative, a
sperimentazioni di ritmi e sequenze con accordi-contrasti di segni, linee,
piani, luci e colori.
Argomentava, difendendo la sua poetica, che è ,meglio tentare di
“creare” piuttosto che accontentarsi di “imitare”.
Riconosco che in tale pittura, certo di immaginazione con qualche indulgenza
al concettuale, si coglieva svolgimento ed articolazione di cadenze, una
certa sapienza di impianto compositiva, indubbio gusto cromatico, un segno
vivido tracciante.
Una scoperta fu per me la sua mostra in San Gerardo di Monza titolata
“I cavalli dell’Apocalisse”.
Tralascio i valori riposti ed i significati simbolici ed allegorici per
limitarmi all’analisi del traliccio disegnativi quale appariva dagli
elaborati esposti da altri lavori che, sempre ispirati dal tema del cavallo,
ebbi successivamente possibilità di esaminare.
Ebbene la rilevazione della forma è notevole sia infatti che affronti
il tema in posizione statica, sia che preferisca coglierlo in dinamicità
con zampe in veloce articolazione, Varisco sa fondere efficacemente nei
fondamentali valori grafici connotazioni plastiche e pittoriche.
Ne risultano cavalli ben descritti nella loro possanza e gentilezza, trasfigurati
da una luce intima che conferisce ai loro occhi un’espressività
quasi umana».
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