«Alessio
Varisco, un giovane certo, anagraficamente, ma ormai maturo artisticamente,
perché sa arrivare, con le sue opere, nel profondo dell’osservatore
che rimane coinvolto da quanto vede, metabolizzandolo secondo il proprio
vissuto.
L’Autore,
vede la realtà con il suo mondo interiore, con la memoria, le sensazioni
che gli sono congeniali, la tramuta in immagini che vengono “lette”
dallo spettatore che, a sua volta, le traduce secondo il proprio codice,
il proprio vissuto, la propria memoria.
Così
Varisco vede una realtà secondo le sue intuizioni, il suo passato,
l’attuale, esprimendo tutto ciò in immagini reali, scevro
e lontano dal virtuale oggi così diffuso, ed, ahimè, fine
a se stesso.
I
suoi cavalli sono animali reali che corrono liberi per un mondo che ora
va, via via, scomparendo.
In tutto ciò non c’è antitesi, perchè l’artista
vede non l’irreale, ma una realtà ancora tale, forse destinata
ad essere travolta da un mondo nuovo, più violento e meno libero
o, comunque, diverso.
I
suoi cavalli apparentemente assomigliano a quelli di tanti autori, ma
sono autonomi, del tutto sganciati da forme conosciute; si distinguono
dal déjà vu, diventando forme e sostanze autonome, segno
evidente del raggiungimento di un traguardo personale importante, del
tutto centrato.
C’è
la ricerca e l’acquisizione della libertà, sganciato da elementi
di pura accademia, in cui l’animale rappresenta un simbolo di un’autonomia
personale, lontano da schemi arcaici pur nella rappresentazione strettamente
correlata ad un classicismo non di maniera ed inserito nella storia dell’arte
internazionale».
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