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Indice
1.1. LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICA
1.2. TIPO E PROVENIENZA DEI PELLEGRINI
2. DEVOZIONE A CUI E’ LEGATO
3. STORIA DEL SANTUARIO E SUA DESCRIZIONE
4. IDENTIFICAZIONE DEGLI ELEMENTI ARTISTICI CHE TESTIMONIANO
LA DEVOZIONE SPECIFICA
5. RIFERIMENTI ARTISTICI ALLA MEDESIMA DEVOZIONE PRESENTI FUORI
DAL SANTUARIO MONZESE
Bibliografia essenziale
1.1.
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICA
Il Santuario di Santa Maria delle Grazie in Monza è localizzato
nella parte settentrionale della città in prossimità del
Fiume Lambro a circa mezzo miglio dal Duomo e dall’Arengo Municipale
appena fuori dalle mura, esterno alla vecchia Porta Grado.
Anticamente il sito era contraddistinto da un ponticello di legno che
per ben due secoli servirà ai frati per far arrivare i pellegrini
e quel ponte è un po’ il simulacro, il simbolo dell’attaccamento
dei
monzesi e della predilezione per il culto alla Madre di Dio.
Ma come avvenne la fondazione e la erezione di un Santuario mariano in
ambito monzese, custodito dai Frati Minori, discepoli della Regula Francisci?
La decisione si deve alla predicazione di CORRADO DA PADOVA discepolo
prediletto di San BERNARDINO DA SIENA. Il Beato venne a predicare in periodo
quaresimale; tale e vigoroso fu il suo insegnamento che i monzesi sentirono
il bisogno di avere nel loro comune una riserva spirituale
francescana. Il notaio GIOVANNI CRISTOFORO DEGANI così scrive,
testimone oculare de/fatto, il giorno 14 ottobre dell ‘anno dei
Signore 1467 riferendosi alla predicazione del ’62.
«Gli uomini e le persone di questa terra di Monza attratti dai buoni
costumi, dalla vita religiosa, dalla lodevole e santa dottrina, dal profumo
del buono esempio, coi quali i Frati Osservanti dell ‘Ordine dei
Minori del Serafico, Padre loro, FRANCESCO DIASSISI sono ornati, desideravano
ardentemente di avere in questa terra o territorio, un luogo od un convento
di detti Osservanti per consolazione e gaudio spirituale delle persone
di questa terra di Monza e dei luoghi circonvicini e per la loro utilità
e conservazione delle loro anime».
Nel maggio del 1462 alcuni delegati monzesi si recano a Novara per assistere
all ‘elezione del Ministro Provinciale dell ‘Ordine dei Frati
Minori.
Con attenzione, il nuovo eletto, accoglie favorevolmente la richiesta
dei monzesi di aprire una comunità di francescani. Unica “condicio”
che al fianco della chiesa dei frati costruissero un convento che potesse
accoglierli (dunque il Provinciale desidera un luogo per la preghiera
e uno per dormire).
Chiesto e concesso si iniziò subito a costruire il convento e la
chiesa; e viene anche concesso un orto.
«L’anno 1463 alli 8 mese di settembre si pose la prima pietra
fondamentale e
si principiò la fabbrica della Chiesa con grande concorso di popolo,
in questo sito disegnato a piacere dal Padre Vicario Provinciale ANTONIO
DA VERCELLI e Frati Minori Osservanti secondo li patti fatti con la comunità
de Monza».
Il 14 ottobre 1467 GALEAZZO VISCONTI e BIANCA MARIA VISCONTI, Duchi di
Milano, dispensano i frati dalla tassa che doveva essere versata per la
Cassa Ducale
«per la grandissima devozione che abbiamo verso detta Religione
dell’Osservanza».
Il terreno deputato al nuovo insediamento, all’origine, misura
dieci pertiche ed è ubicato appena al di là di Porta Grado
su dì uno slargo ombreggiato di alberi secolari rialzato qualche
metro dal fiume che ogni tanto esondava senza però far danni, benedicendo
-anzi- la ricca terra brianzola. Doveva essere un fiume ancora chiaro
e non inquinato dalle tintorie della Brianza e molto pescoso.
I Frati Minori in Monza rimasero i custodi della Venerata Immagine della
Vergine delle Grazie, della cui la cui tela analizzeremo i contenuti iconografici
e le tecnica dì composizione più approfonditamente durante
lo svolgimento della trattazione.
1.2. TIPO E PROVENIENZA DEI PELLEGRINI
Un altro dato da porre in risalto è la tipologia e la allocazione,
o meglio il bacino d’utenza, dei pellegrini che si recano in visita
al Santuario de/la Madonna delle Grazie di Monza. Per gran parte sono
certamente, e numerosissimi, i cittadini monzesi.
Molti, però, sono anche gli abitanti dei paeselli vicini a Monza.
Provenienza dunque interna ed esterna il comune, dai molti centri dell’hinterland
monzese e dell’estrema periferia settentrionale milanese. I numerosi
pellegrini accorrevano alla Madonna delle Grazie per ottenere dalla Madre
di Dio la “grazia” e chiedevano la Sua Intercessione presso
Dio; alla richiesta di aiuto seguiva la risposta di amore.
Tantissimi gli ex voto ad oggi presenti al fianco del corridoio del Santuario
a dimostrazione della pioggia di grazie. Tantissimi sono i quadretti che,
taluni a torto ritengono “ingenui di un’espressione prettamente
religiosa”, certamente rappresentano una “pietà popolare”,
o meglio, una iconografia popolare. Anticamente le pareti dovevano essere
un tripudio di piccoli capolavori che la soppressione napoleonica, l’abbandono,
la successiva spoliazione e l’incendio di fine Ottocento hanno fatalmente
cancellato le numerose testimonianze ed i fumetti sacri.
L’incendio -cui si fa riferimento- sviluppatosi il 17 settembre
1893 scoppiato alle quattro del mattino, alimentato da 5500 quintali di
fieno e durato tutto il giorno distrugge gran parte del complesso claustrale.
«Quanto poi questa Sovrana Regina sij sempre fiorita in miracoli,
e quanti favori, e gratie abbi ella comparito a suoi devoti ne fa veridico
testimonio tutta questa Chiesa detta perciò delle Grazie; dal pavimento
sin all’alto soffitto, nelle sue pareti occhi, mammelle, bracci,
piedi di cera, bambini interi in plastica, coltelli, armi da fuoco, sevozzole,
vesti, camicie, candele, ed altri donativi, in segno di gratitudine appese».
(padre Burocco)
2. DEVOZIONE A CUI E’ LEGATO
Il Santuario delle Grazie in Monza sorge per volere di una popolazione
e per l’amore al culto di Maria tipico della Regola Francescana
(si pensi alla Valli Lombarde e ai numerosi conventi e chiese dedicate
a Maria e rette da francescani che poi hanno visto -nei secoli per alcuni
di questi- il passaggio all’Ordine dei Cappuccini, un esempio il
Santuario della Santissima Annunciata di Cogno per la struttura del transetto
e la dedicazione alla Vergine, in ambiente camuno).
Il presente è uno dei più antichi e sopravvissuto, nonostante
le difficoltà, alla celebrazione del culto alla Vergine. Ritroviamo
simili complessi con la medesima dedicazione e ne analizzeremo al 5°
punto, il Santuario di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona) ove gli
affreschi e le decorazioni sono a tutt’oggi sopravvissuti e ci danno
un esempio di come avrebbero dovuto essere gli interni.
Il complesso è deputato alla Madonna delle Grazie, cioè
a Colei che intercede per noi presso il Figlio del Padre.
Si deve notare che leggende particolari non sono legate al sorgere del
complesso francescano s non un impegno a percorrere questa vita da parte
dei “pragmaticissimi” monzesi in compagnia spirituale dei
frati questuanti dell’Ordine di San Francesco. Un impegno che rende
onore al desiderio di modificare le grettezze dei cuori. Forse questo
il più grande miracolo che supera il lago di leggende che potrebbero
sorgere in altri luoghi.
L’unica grande “fabula” che ritrovo conducendo un’analisi
storica di confronto su i testi di storia del Convento e sulle Cronache,
la più interessante che svilupperà (al 4° punto), è
certamente quella del doppio autore della Sacra Immagine; la tradizione
popolare dice che sia stato eseguito su un cartone dipinto da un angelo
Paganesimo e fanatismo estremi, ad un tempo, sono il binomio della devozione
dei pellegrini della Madonna delle Grazie di Monza. Bisogna però
ricordare che:
a) i Santuari Mariani sono mete ininterrotte di fedeli, il cui afflusso
aumenta al perdere del senso nell’uomo moderno (vedi l’aumento
negli ultimi anni);
b) ai templi della Vergine si prega incessantemente e, tante volte, ci
si “ri-accosta” a Dio, o meglio, sono i luoghi in cui si ritrova
(o forse “si ri-appropria”) la Fede, anche per chiedere la
“grazia”.
Per ritornare alla nostra introduzione potremmo ora dire che il “ponte”
è certamente a livello cristologico Gesù mentre a livello
più immediato è la Madre di Dio, Madre di noi tutti.
A detta di tanti che frequentano la pratica religiosa con estrema e rigorosa
razionalità, le devozioni popolari restano “cosa da buttare”,
zavorre, cianfrusaglie.
Ma la fede trova la sua forza proprio in quei manufatti che anticamente
addobbavano i corridoi della Chiesa delle Grazie.
La fede si esplica, anche, nella luce di quei lumini accesi dinanzi alla
Icona dell’Annunciazione di Maria, qui celebrata.
Oggi le tavolette dipinte, dal miracolato in segno di devozione, sono
sostituite da istantanee o fotografie: eterne vicende in cui la Madre
di Dio è venuta a soccorrere i suoi figli. Cuoricini di metallo,
simulacri silenziosi, ma non altrettanto eloquenti, di “grazie”
concesse da Dio. Ogni immagine ha la sua storia, come un tempo, che solo
il Padre conosce come l’intenzione degli inginocchiatoi “scavati”
conservati nelle stanze per i colloqui che custodiscono il mistero di
generazioni legate indissolubilmente all’Amore per la Madre Santissima.
Tanti misteri che si sommano a quello della Theotokos ed alla Annunciazione
rappresentata nella Venerata Immagine della Madonna delle Grazie di Monza.
I fedeli che entrano, a centinaia anche nei giorni feriali, lo fanno per
partecipare alle Celebrazioni Liturgiche ma per gran parte animano col
loro silenzio orante, molto “pregno”, l’altare maggiore
che contiene l’Immagine della Vergine.
«Questa devozione singolare fu dagli antichi trasferita anche nei
posteri,
visitandola moltissime persone ogni giorno, anche in tempi disastrosi,
e facendogli frequenti Processioni, massime in questo tempo di siccità,
pioggia, mortalità, o altri travagli, venendo devotamente a riverirla
e supplicarla il Clero Secolare, e Regolare, Confraternite, e li Signori
Regenti della Comunità per esporne li bisogni e riportarne il sollievo,
e veramente a gloria d’iddio per lo più l’ottengono».
(Bigliani)
Ora, sorpassando le “questioni teologiche” e rispetto agli
interessi rivendicati dai più (“legittimità e liceità
di buona pratica”, competenza del moralista), non resta che dire,
come riferisce il BIGLIANI, è nieta continua di nunzerosissirni
pellegrini.
Per questo motivo il cardinale arcivescovo di Milano il 23 maggio 1937
pone sul capo della Madonna la corona d’oro ed i cronisti dell’epoca
riferiscono che la partecipazione fu grandiosa (cittadinanza ed autorità
politiche e religiose). Una folla di migliaia di persone che ancora oggi
durante l’annuale festa della Celebrazione dell’Annunciazione,
del 25 marzo, gremiscono il Santuario, il piazzale e le vie adiacenti,
interrotte al traffico. Le genti della Brianza e di Monza creano, negli
ultimi anni, interminabili colonne di auto nei quartieri limitrofi. Il
santuario è bersagliato automobilisti, ciclisti, tutti uniti da
un comune denominatore la fede. Animano il Santuario con preghiere, canti
ed in questi giorni impera la luce dei lumini, rosseggiante, che scalda
gli interni della chiesa.
Vengono processionalmente il M R. Capitolo ed il popolo di Monza (il
primo giorno delle Rogazioni e nella Festa della Visitazione a Santa Elisabetta),
il Gonfalone di san Bernardino della Chiesetta di San Maurizio (nel mese
di maggio), le compagnie delle croci e delle Contrade (in diverse feste),
i pellegrini che vanno a Loreto (la festa di Pasqua), la Comunità
di I ‘edano al Lambro (il giorno di santa Barbara), quella di Biassono
(poco dopo), la Scuola Confraternita di San Rocco di Seregno (la seconda
festa di Pasqua), Seveso (pochi giorni dopo), !vfiiggiò (il giorno
di S. Anna) e poi le (‘ornunilò de la Sa,ita, Arcore, (‘oncorezzo,
Brugherio, e altre terre e Borghi vicini.
In questa data i fedeli pregano e molti si avvicinano (la grazia è
quei tanti che annualmente si “ri-avvicinano”), al Sacramento
della Riconciliazione nell’atrio di un ex-chiostro adibito a Penitenzieria
e poi colle loro candele esprimono la riconoscenza alla Madonna delle
Grazie; si
accostano poi alla Eucaristia e
“Anzi per haverla più vicina nelle sue premurose urgenze,
quasi in ciascuna
casa riverente sì conserva il Suo Santo Ritratto, S.ampato da GIovANNI
BEL TRAMINO in Milano l’anno 1650, ed in grande rame che si conservano
in Sagrestia.
In breve, una storia che non muta e che si ripete a dispetto degli anni
che passano piena di quell’amore vero per la Vergine dispensatrice
di Grazie.
3.1. STORIA DEL SANTUARIO E SUA DESCRIZIONE
«Illustrissima et begnissima Madonna, exponemmo a Vostra Excellentia
li devoti ad Dio orativi frati minori de Sancto Francisco de observantia
che como Vostra Excellentia è informata hano principiato nel borgo
di Porta di Gradi de la Vostra terra de Monza di fare uno monasterio ad
honorem de Dio e de la sua Devotissima Matre soto il nome de SANTA MARIA
DE LE GRATIE. Li dicti frati sive monastero havesseno bisogno de la br
cusina et hancora per irrigare seu adaquare il suo zardino».
Alla Duchessa di Milano, BIANcA MARIA VIscoNTI, i Frati di Monza inviano
una richiesta di utilizzo delle acque dei Fiume Lambro per approvigionarsi,
mediante una roggia, dell’acqua
necessaria alla cucina, lavanderia ed orti, assolvendo così alle
necessità della Comunità. La risposta venne subito il 1°
febbraio 1464.
Il 27 marzo 1505 il re di Francia, e duca di Milano, LUDOVICO XII concede
altresì il Diritto di
pescaggione et ogni diritto nel Fiume Lambro dalla chiusa sopra Vainegra
sino al ponte inclusive.
Ma essendo un tratto estremamente pescoso
ebbero sempre il possesso dì detta Pescagione sino all’anno
1649 quando essendo fatto Conte di Monza il Signor GIOVANNIBATTISTA DURINO
intentò di levarli il possesso et havendo li Frati voluto fra pescare,
d’ordine l’istesso Signor Conte furono “precessati dal
Capitano di Monza “. (padre BURocco,)
I francescani, ribellandosi a questo sopruso, ricorrono al Senato di
Milano che proclama la liceità del diritto loro concesso dal regnate
francese e ne perpetua la validità.
Tutte queste note storiche servono a rappresentare la molteplicità
dì funzioni che stanno dietro la costruzione di una struttura che
nel tempo ha subito numerose e continue modifiche.
In breve, la storia dalla nascita sino all’atto di morte ad opera
di NAPOLEONE
La prima pietra viene posta l’8 settembre 1463, Festa della Natività
di Maria, ed il 18 ottobre 1467 a lavori non ancora ultimati i francescani
entrano in possesso del santuario iniziando le “tournate”
liturgiche.
NeI 1579 a poco più di cent’anni dall’erezione del
tempio per alti meriti spirituali ed in quanto meta privilegiata dei pellegrini
lombardi, il Papa GREGORIO XIII dichiara l’altare che custodisce
la Veneratissima Immagine della Madonna delle Grazie “Altare Privilegiato”
Solo però nel 1621 dall’altare del Coro viene trasferita
la tela dell ‘Annunciazione a quello maggiore per consentire così
ai pellegrini che arrivano sempre numerosissimi ed in crescita esponenziale
una migliore fruizione.
Notevoli migliorie all’impianto caratteristico, ad unica navata
con corridoi laterali e quattro chiostri, di cui solo uno rimane oggi
integro, si susseguono nel corso degli anni. Il Seicento è forse
il secolo in cui numerosi e massicci interventi completano con gusto barocco
uno “stile architettonico lombardo” ancor oggi ben conservato
ed a noi visibile.
Ad una tipologia caratteristica di una classica struttura lombarda con
mattoni a vista, a facciata senza rosone con tre aperture e tre porte
di accesso di cui quella centrale più ampia sovrastato un altorilievo
(istoriante la Vergine attorniata da due francescani) si aggiungono notevoli
“aggiunte” estranee alla tipologia iniziale.
Una di queste il porticato a cinque arcate fatto erigere nel 1632 sulle
facciate della chiesa per poter riparare dalla pioggia i pellegrini.
Ma per affermare l’indipendenza del convento e per fabbricare telati
per le vesti dei francescani di Lombardia e per i numerosi figli di Francesco
insediati in Monza, al fianco della chiesa sì iniziano nel 1649
i lavori di costruzione degli ambienti della Filanda.
Quest’oggi quel lanificio è adibito a sede di iniziative
culturali e si conserva inalterato, nonostante la vicinanza per ovvie
ragioni al fiume Lambro e la conseguente umidità, che ha compromesso
alcune parti del portale in arenaria sovrastato da un affresco della Vergine.
L’interno per gran parte in mattoni è molto caldo con copertura
a vela al piano terra, superiormente vi è la sala conferenze ed
una cappella per i fedeli che transitano nella foresteria per esercizi
spirituali.
Ulteriori migliorie si abbisognavano. La maggiore è la costruzione
dì un ponte che potesse unire il Santuario con facilità
a motivo del costante afflusso dì malati.
Così nel 1683 in sostituzione della primitiva passerella in legno
viene costruito un ponte in pietra.
Un ponte nuovo, comodo e percorribile e così la cittadinanza si
tassa di ben ottanta lire imperiali a testa per poterlo realizzare e per
espandere dì ventotto pertiche il fondo dei francescani attorno
al Convento.
All’inizio di questo nel 1722 è posta una colonna sormontata
da una croce per indicare l’inizio della zona sacra dedicata alla
Madonna delle Grazie.
Un’altra miglioria è rappresentata dalla apertura al convento
operata nel XVIII secolo per consentire l’accesso dal porticato;
un portale di chiaro gusto barocco a decorazioni floreali anch’esso,
come il portale della Filanda, rovinato nella parte terminale.
A coronamento del cortile nel 1766, per una catechesi dei pellegrini,
vengono costruite le quattordici santelle della Via Crucis dal pittore
monzese FEDERICO FERRARIO affrescate con episodi della Passione di Gesù.
Verso la fine del Settecento il convento aveva raggiunto la sua massima
estensione poiché doveva far posto agli studenti francescani della
scuola di teologia. Negli stessi anni in Francia si scatenava al grido
“liberté, fraternité, égalité!”
una rivoluzione anche culturale ed ideologica.
Arriviamo al 25 aprile 1810 quando NAPOLEONE BONAPARTE emana l’Ordine
di confisca e espulsione dei religiosi dalle chiese e dai conventi per
poterle depauperare al fine di mantenere la “guerre”.
A Monza detto Editto trova l’applicazione per la nostra chiesa solo
l’11 maggio 1810, quando al Padre Guardiano l’Ufficiale del
demanio “in nome del popolo” viene ad intimare lo sgombero
entro ventiquattro ore e a disporre la confisca dei beni custoditi dai
francescani.
I frati celebrano l’ultima messa dinanzi la Venerata Immagine in
canto
«Con questo giorno - scrive il Guardiano sul Registro delle Messe
seguito dalle firme di tutti i suoi frati - in cui resta soppresso il
convento in esecuzione del Reale ed Imperiale Decreto del giorno 25 prossimo
scaduto Aprile, resta chiuso il Registro.
Uscendo in silenzio si dispersero qua e là cercando di vivere la
vita francescana in attesa di migliori tempi».
Don Antonio Sala, Parroco di San Gerardo, insieme all’Arciprete
di Monza Mons. PIETRO CRUGNOLA pensarono alla Sacra Icona.
Il 16 giugno dello stesso anno la acquistarono per ben Duecento Lire Italiane,
diversi milioni, per porla nella Sagrestia di san Giovanni Battista e
poi nei quartiere “Isola” nell’appena eretta Santa Maria
Grazie Nuove.
Il santuario non venne mai del tutto abbandonato nonostante la chiusura
ed il depauperamento rimane sempre nel cuore dei monzesi, soprattutto
la domenica ed il venerdì di Pasqua, essi continuano a recarsi
alla Via Crucis, esterna, a pregare davanti alle santelle.
Ma alla fine dell’Ottocento un fulmine di un furioso temporale squarcia
un albero in due che cade su due stazioni. Fu questa l’occasione
per stroncare l’afflusso dei fedeli.
Nel 1897 un ingegnere della Real Casa, forse mosso da livore anticlericale,
ordinò che fossero demolite le altre dieci. Se ne salvarono solo
due incorporate nella parete esterna del Santuario.
L’interno della chiesa e gli annessi locali erano devastati, le
tombe dei frati manomesse e la navata trasformata in un magazzino per
il foraggio dei cavalli delle scuderie della Casa Savoia, tenute nell’ala
Sud della Villa Reale.
La distruzione venne il 17 settembre dell’anno 1893. Dall’alba
sino a sera inoltrata le colonne dì fuoco non accennerò
a diminuire alimentate da ben 5500 quintali di fieno.
Il rogo distrusse tutti gli affreschi, gli stalli del coro del quattrocento
e gli ultimi quadri rimasti al muro, scampati alle razzie napoleoniche.
UMBERTO I si reca in visita con il Ministro RATTAZZI ed altri membri
della Real Casa.
Il prestigioso complesso doveva essere loro visibile quale un cumulo malinconico
di pietre bruciate, un rudere abitato da gatti selvatici e topi, infestato
dall’umidità del vicino fiume Lambro. Trent’anni di
abbandono sino al 1928 allorquando i ‘architetto LUIGI BARTESAGHI,
appassionato di storia e di conservazione del patrimonio, inizia a pubblicare
sul “Giornale di Monza” diversi editoriali tesi a sottolineare
la necessità di un restauro e conseguente ritorno dei francescani.
Il 27 marzo 1930, a seguito delle reiterate richieste della Curia dei
Frati Minori di Lombardia e della campagna di sensibilizzazione operata
dal “Giornale di Monza”, viene emanato un Regio Decreto che
sancisce
«La cessione ai Frati Minori di Lombardia della loro chiesa delle
Grazie Vecchie perché si riaprisse al culto».
Incominciano le raccolte di fondi per il riscatto e a ritmo incessante
e febbrile per mano di due frati muratori, Fra’ COSTANTE CHIODINI
e Fra’ VIVALDO ROLFI, che alternavano la mazzuola alla corona del
Rosario, entro l’8 dicembre 1931 risistemano il complesso. L’Immagine
Veneratissima della Beata Vergine viene riposta nella sua originaria chiesa
dopo più di un secolo.
Nel 1936 la colonna con la croce che si trova all’inizio del ponte
viene collocata al centro del giardino in mezzo all’area occupata
dalle santelle della Via Crucis.
In qualita di Delegato del Pontefice, PIO XI, il Cardinal ILDEFONSO SCHUSTER
il 23 maggio 1937 incorona la Madonna delle Grazie di Monza.
A coronamento degli interni ristrutturati, e per rendere omaggio agli
esecutori, da poco più di dieci anni dalla riapertura l’Arcivescovo
di Milano, il Cardinal SCHUSTER, benedice il concerto di cinque campane
il 14 marzo 1946 ed il giorno successivo celebra la solenne consacrazione
dell’Altare Maggiore opera di GIOVANNI Muzio, Accademico d’Italia
(custodente la tela della Vergine). La restituzione ai frati del Convento
della porzione di terra a ridosso del Parco Reale è portata a termine
dal paziente Padre GEREMIA CANTONI da Olcio.
La Corte dei Conti il 22 novembre 1952 da’ l’approvazione
di conformità dopo il parere conforme
dei tre ministeri e ne registra il passaggio di proprietà.
Le dodici edicole della Via Crucis demolite nel 1897 vengono ricostruite
dove e come erano nel 1939 e lo scultore di Cremona DANTE RUFFINI, nel
1956, ornata con altorilievi di cotto.
Nel 1987 i Vescovi lombardi scelgono il Santuario delle Grazie di Monza
quale sede per ottenere l’indulgenza plenaria a seguito della proclamazione
dell’anno mariano 198 7-1988 dal Papa Giovanni Paolo P.p. II.
Nel gennaio 1999 è stato reso noto dall’Arcivescovo di Milano,
CARLO MARIA Card. MARTINI che il Santuario delle Grazie di Monza è
“meta illustre dei pellegrini per il Grande Giubileo” e perciò
l’ha insignito del titolo di Chiesa Giubilare della Zona Decanale
di Monza insieme a San Giovanni Battista, Duomo di Monza e San Vincenzo
di Galliano a Cantù.
4. IDENTIFICAZIONE DEGLI ELEMENTI ARTISTICI CHE TESTIMONIANO LA DEVOZIONE
SPECIFICA
«Quale poi fusse o sij la vera Immagine della Beatissima Vergine
che sin dal principio del Convento (...) veniva riverita sotto il titolo
delle Grazie (...) io non ardisco il dirlo».
Il cronista Burocco ci introduce nella analisi della devozione specifica
praticata nel Santuario delle Grazie, Madre di Dio e Madre Nostra.
Sembrerebbe che, è d’obbligo il condizionale perchè
non vi sono molti elementi validi che possano smentire, prima della Vergine
delle Grazie, in santuario, se ne venerasse un’altra di cui non
abbiamo, però, tracce.
«Ma sia come si voglia -dice il Burocco- cioè che onjuno
la pensi come voglia (…)».
Il soggetto dipinto nell’immagine da noi venerata raffigura una
dolcissima Vergine Maria, simile al volto della Regina Teodolinda, della
Cappella di San Giovanni Battista in Monza.
Una tela dipinta a “guazzo”, una pittura fatta con colori
stemperati e mescolati con gomma arabica o gomma. Gli esperti di storia
dell’arte fissano la stesura dell’Annunciazione di Monza,
nel XV secolo, quando viene edificato il Santuario. Una leggenda narra
che due sono gli autori materiali: uno ha eseguito il volto della Vergine,
l’altro il vestito ed il resto dell’opera. Pura leggenda,
in quanto il manufatto evidenzia una sola mano sebbene piuttosto originale.
Un’altra tradizione vuole che il quadro fosse il dono del Beato
DAMIANO CARRARA DA PADOVA, molto tempo prima della erezione della Casa
delle Grazie.
La composizione del guazzo dipinto su tela è estremamente pacifica
e commovente, serafica e piena di spirito francescano.
A destra della Madonna in ginocchio che prega e medita, a sinistra l’Angelo
Gabriele che inchinatosi cosi prega
“Ave Maria, Gratia Piena”.
La frase è dipinta in oro, in caratteri gotici ed è divisa
a metà. L’ “Ave Maria” pare uscire dalla bocca
dell’Angelo sceso ad annunciare ed il “Gratia Piena”
è posto al fianco del Volto di Maria a sottolineare la Maternità
di Dio.
Entrambe le figure sono poste sotto un’architettura quattrocentesca
stilizzate; in fuga prospettica (con ben due punti di fuga), e dietro
il fondale è completato dalla natura: un cielo azzurro trapuntato
di stelle dorate, segno ed anticipazione di
«Una donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul
capo una corona di dodici stelle» (Apocalisse 12,1)
(allusione alla Chiesa, Madre dei fedeli). I colli punteggiati di verdi
pascoli, da case, chiesette e cittadelle turrite custodite entro le loro
mura di difesa, ai piedi del paesaggio un bosco ombroso di alberi.
Nell’indicazione del pittore il paesaggio ha un’intenzione
precisa: l’anello di colore biancastroargenteo è il Fiume
Lambro che scende nella terra dei monzesi
«proprio appena al dì qua della curva si intravede una chiesuola
ed è il Santuario delle Grazie -scrive Padre FILIBERTO OFM autore
di una guida al santuario- quella serie di alberi ombrosi poi non è
niente altro che il Parco di Monza con la muraglia di cinta».
Mi sia concessa questa notazione critica a margine di quanto testé
enunciato dallo storiografo francescano. Quest’ultima “Selva”
-utilizzo questo termine che designa per i Frati Minori Conventuali di
Assisi il “Bosco” (dal latino appunto “Selva”)
che attornia il Sacro Convento di San Francesco- non può certo
essere il Regio Parco Sabaudo, iniziato da un progetto del PIERMARINI
risalente alla seconda metà del Settecento, succeduto da un intervento
di architettura del paesaggio di stile anglosassone in quanto “U-topico”
scenario di green-town all’italiana. Orbene esaltando peraltro la
preziosità di qualsivoglia pubblicazione, tesa alla rivalutazione
della storia di un santuario, rimane l’improponibile interpretazione
dell’iconografia della Vergine di Monza che ben si spinge oltre
le leggende testé menzionate. Il Parco di Monza, o meglio l’area
limitrofa, i Giardini della Imperiale Villa di Monza nasce per volere
di FERDINANDO D’AUSTRIA, poi sarà completato dai francesi
ed infine il Parco, la seconda opera di ingegneria del paesaggio iniziata
prima della dominazione francese, diviene “Reale Tenuta di Caccia”
della Casa Savoia. Lo storiografo francescano farebbe bene a documentarsi
di più e a prendere più in considerazione la storia dello
sviluppo urbano di Monza.
Il vestito dell’Angelo ben rende, la stola svolazzante ed il panneggio
compresso e riempito dall’aria, la Discesa dal Paradiso. La stola
della Madonna è un morbido mantello azzurro chiaro a ricami tipici,
dal gusto gotico internazionale a ornamenti stellari, dal contrasto lapislazzuli-oro.
Il Volto della Venerata Effigie è illuminato da un raggio che scende
dall’alto, punto focale del dipinto.
I lineamenti della Vergine sono delicati ma semplici, non eccessivamente
raffinati. Lo sguardo pudico con le palpebre abbassate è lo stesso
delle ragazze lombarde. Serena riflette, fulgida di bellezza, dai capelli
castani chiari raccolti attorno alla nuca, non ricoperti dal velo; di
colore verde, con un tocco di femminilità appena accennato a far
da accordo cromatico per l’azzurro mantello.
A detta di molti un’opera appartenente alla cosiddetta “arte
povera”, cioè “popolare”, scevra da virtuosismi
e grandi provocazioni estetiche.
«E’ un’arte -continua SABBADINI- della povera gente
che nelle immagini, si apre all’affettuoso contatto col divino e
trova la forza per andare avanti nella vita».
Nel 1810 l’Arciprete di Monza, Monsignor PIETRO CRUGNOLA, la compra
il 10 giugno per collocarla in una stanza al fianco del Duomo.
Il pellegrinaggio fu sempre intenso ed il luogo così angusto non
consentiva un afflusso di fedeli costretti ad attraversare la sagrestia,
recando non pochi disagi ai locali e all’amministrazione del culto
nel Duomo.
Le autorità sanitarie di Monza costruiscono presso il quartiere
“Isola”, l’attuale Piazza Garibaldi, il nuovo ospedale
civile in sostituzione di quello ormai fatiscente di San Gerardino, limitrofo
alla omonima chiesa adiacente il Lambro.
Subito fu individuata la cappella del nosocomio per il trasferimento dell’immagine,
la quale poteva così, senza difficoltà, essere venerata
dagli ammalati.
Monsignor CRUGNOLA accetta, chiedendo però che la cappella anziché
interna alla struttura ospedaliera fosse esterna ed indipendente. Con
entusiasmo si iniziò a lavorare raccogliendo sempre presso “i
generosi e munifici cittadini” fondi per la costruzione delle “Grazie
Nuove”, ultimata in sette mesi. Nel 1811 per la Festa dell’Annunciazione
la Chiesetta fu pronta per custodire ed adorare l’Icona.
Pare impossibile, ma l’amore per la Madre di Dio riuscì in
meno di un anno a far erigere ai monzesi la Chiesetta di “Santa
Maria delle Grazie”. L’Arciprete pose, trasferendola, in un
corridoio della canonica della nuova chiesa.
La Festa della Traslazione iniziò il 24 marzo dopo il canto del
vespro il Duomo
«La detta Sacra Immagine veniva portata da quattro sacerdoti in
piviale, essendo stata elegantemente addobbata e posta in piedi sopra
una piccola bara e fu pure ornata col Baldacchino. Quando si fu nella
contrada di Porta Lambro si cantò i ‘Ave Maris Stella. Entrati
in chiesa si collocò l’Immagine al suo luogo, indi fatta
l’esposizione col Santissimo Sacramento si intonò da mons.
Arciprete il Te Deum, indi il Tantum Ergo, e data la Benedizione si terminò
in una solenne funzione. Non si può spiegare il giubilo che appariva
su tutti i volti dei Monzesi per vedere nuovamente posta sugli altari
la Venerata Immagine della loro Protettrice, per cui non si guardò
la spesa per addobbare, ornare e magnificamente abbellire le loro case,
dove essa doveva passare».
Centoventi anni dopo, sistemato il Santuario dei Francescani, tutto era
pronto per riaccogliere il ritorno della Sacra Icona Mariana dalla Chiesa
delle Grazie Nuove in “Isola” di Monza.
Già l’8 novembre del 1931 la tela è trasferita dalla
minore chiesuola al Duomo.
Il mese successivo in occasione della Festa dell’Immacolata, l’8
dicembre, l’Arcivescovo di Milano, il Beato ILDEFONSO SCHUSTER,
preceduto da una fiumana di frati salmodianti e da tutto il clero locale
in cotta e stola partecipa e guida la solenne processione.
Di nuovo i molti fedeli poterono ripercorrere l’antica via interrotta,
da ben centoventuno anni (da quando il Santuario passa al Demanio Statale
con l’Editto di Soppressione emanato da Napoleone che decreta la
soppressione delle chiese e dei conventi religiosi).
Così la gente, i tanti monzesi devoti a Maria, ripresero a passare
le tre arcate sul Fiume Lambro, a pregare con i figli di San Francesco
la Madonna delle Grazie.
6.
RIFERIMENTI ARTISTICI ALLA MEDESIMA DEVOZIONE PRESENTI FUORI DAL SANTUARIO
MONZESE
A livello territoriale nel comprensorio monzese non ci sono analoghi
esempi della medesima devozione mariana.
Il più vicino “Tempio della Vergine delle Grazie” è
al di fuori di detta zona; si tratta del complesso della Madonna delle
Grazie di Milano.
Sorto anch’esso nel Quattrocento, gestito dalla compagnia dei Domenicani,
Ordine questuante come i Francescani diffusosi nell’alto medioevo,
sull’attuale Corso Magenta.
Questo insediamento metropolitano vede uno sviluppo ben maggiore per afflusso
di artisti esecutori del progetto e delle decorazioni.
La realizzazione del progetto della cupola, ad opera dell’urbinate
BRAMANTE, segna una riforma dell’architettura nel Rinascimento e
traccia un typus ben preciso, di lì in poi sviluppato in altri
edifici sacri.
Il nucleo originale della chiesa è iniziato dall’architetto
SOLARI.
Il progetto di massima prevede la pianta a tre navate, abside e transetto,
facciata a capanna in stile lombardo con laterizi a vista.
L’inizio del cantiere, narrano le Cronache dell’Archivio del
Convento, è risalente all’anno 1463. Nel 1492 l’ambizioso
Ludovico IL MORO, signore di Milano, chiama il BRAMANTE il quale interviene
creando lo splendido abside e la grande tribuna interna costruiti demolendo
il preesistente abside e presbiterio.
I locali attigui la chiesa vengono realizzati insieme al complesso e nel
1496 viene incaricato LEONARDO DA VINCI di dipingere il refettorio del
Convento.
La grande opera testimonia un profondo studio dei caratteri, dei sentimenti
e delle espressioni umane.
L’umidità del luogo, la sperimentazione delle tecniche (pigmenti
a secco, affresco “leonardesco”, non propriamente consone
alla perpetuità nel tempo hanno reso difficoltosa l’intera
lettura dell’opera che oggi è stata finalmente restaurata
e fissata dalla Professoressa PININ BRAMBILLA dopo un intervento di restauro
in équipe durato per decenni.
Ad onor del vero anche il refettorio francescano di Monza, forse sulla
scorta dell’esempio del capoluogo, attua un’affrescazione,
postuma alla nascita del convento, a tema francescano anziché cristico.
Nell’opera di Milano del DA VINCI riscontriamo i caratteri di una
cultura rinascimentale:
un’interiorizzazione della moderna perspectiva oculi, il “Reb”
-dall’ebraico “maestro”- è l’axis mundi
e la disposizione random dei Discepoli non fissi ma posti dinamicamente
sulla scena dell’Ultima Cena appare unica in quanto costituirà
un modello di rappresentazione iconografica. Per quanto concerne la presenza
dei chiostri non si può evincere nessuna somiglianza se non nella
loro precipua funzione: la preghiera silenziosa della liturgia delle ore
da breviari sempre più agili. La percorribilità è
intatta nel monumento milanese, mentre nel chiostro monzese -il solo sopravvissuto,
in origine erano ben quattro -, a seguito del restauro possiamo comunque
rintracciare caratteristici archi a sesto acuto tamponati da vetrate che
l’hanno privato della caratteristica propria.
Tornando al culto, ad eccezione di quelli di Monza e Milano, troviamo
un’ulteriore Madonna delle
Grazie ma in comprensorio pavese, la Certosa gestita dai monaci certosini.
Poì già citata al punto 20 per la straordinaria somiglianza
architettonico-strutturale del transetto il
Santuario di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona ove gli affreschi e
le decorazioni, a tutt’oggi
sopravvissute, ci danno un esempio di come poteva essere anche il nostro.
Il monumento monzese è l’avamposto per le popolazioni della
Brianza, del lecchese e comasco più raggiungibile, il più
“francescano”, quello che più rispecchia la gente semplice
ma solida della ridente Brianza.
BIBLIOGRAFIA
ESSENZIALE:
• Padre BUROCCO, Descrittione del divoto convento di Santa
Maria delle Grazie dè Minori Osservanti - Fabbricato fuori delle
mura di Monza. Biblioteca Ambrosiana.
• BIGLIANI G., La Beata Vergine delle Grazie. Brevi notizie
storiche. Monza, 1880.
• ROMAGNOM N., Il Santuario della Vergine delle Grazie e i
Frati Minori di Monza. Monza 1944
• MOSCONI A., I Francescani e la Madonna delle Grazie a Monza.
Edizioni Santuario Monza, Brescia 1972.
• Archivio storico fotografico del Convento O. F. M. di
Monza
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