PERCHE'
NON HO RADICI
«Ricordo
con simpatia i luoghi che ho vissuto e di cui ho scritto sentimentalmente
forse la pagina più grande. Alcuni mi richiamano con più
energia. Quasi mi attraggono, neppure fossi un oggetto di metallo alla
calamita.
Sorrido perché penso a molti conoscenti che riconoscono le proprie
radici, quali una forza che li fissa –bloccandoli- ad una posizione,
alla loro storia, in una posizione geografica determinata aprioristicamente.
Mi considero un “cittadino del mondo” pur sentendomi debitore
verso molti luoghi che mi hanno ospitato. Nativo della Brianza –si
potrebbe dire-, di Madre d.o.c. dal nome evocante la regina dei Longobardi
ma appassionato di tutto ciò che è fuori Monza…
Dal
canto mio rifuggo la convenzione e la banalità.
Sono un convinto assertore della cittadinanza del mondo.
Penso di non avere radici come una pianta e di esser un animale bipede,
eretto, orientato verso il mondo con gli occhi verso il cielo che ogni
tanto scrutano il terreno –per evitare inciampi-, coi piedi mai
troppo saldamente serrati per terra perché basta un crepaccio un
ostacolo e sperimento il salto (Forse è per quello che amo i cavalli
e il loro saltare in libertà). Questo non significa a-sequenzialità,
dis-continuità, nel percorrere il mio tragitto. Così nell’arte
e nella vita.
La
definizione mi aiuta a spaziare fra i quattro elementi, senza sentirmi
troppo terra, non soffocandomi nel fuoco, non bruciandomi dell’acqua
e non asfissiandomi di troppa aria.
Nella mia pittura ho finito con l’inserire molti Percorsi, tavole
espresse dal mio viaggiare. Nella presentazione a cui rimando ho intenso
un andare verso (i greci antichi dicevano “erchomai”) quale
paradigma della ricerca, non senza meta, bensì verso un senso che
ti sta innanzi, del quale ne segui i passi, come una danza».
ALESSIO
VARISCO, Magister artium
Crasta
- Val di Fex, 8 agosto 2004
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