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Perchè il tratto?  

COPIA DAL VERO E DISEGNI AL TRATTO

«L’affetto per il figurativo mi lega ai miei corsi di anatomia, di educazione percettiva, comunicazione visiva, progettazione grafica ed ai corsi di plastica. La passione per il “tratto”, quale incunabolo alla “veduta”, è una delle mie più forti esperienze del fare arte. Iniziai giovanissimo, grazie all’intelletto di mia madre Pittrice, che mi concedette una porzione del muro di casa mia persino per esercitarmi in forme libere ed uomini girini di kleeiana memoria. Cow boy coi loro cavalli, vaporetti, navi, aerei, alberi, automobili (un vero magnetismo per la Scuderia Ferrari e per i bolidi di Formula1, visti nel Parco della mia Città natale) e le moto da gara. Alle medie ebbi modo di affinare l’esperienza e mi piacque sempre più. D’estate, nei momenti liberi in classe, a margine dei libri scarabocchiavo ciò che vedevo. Alle superiori con rinnovato interesse, tra una libro di Italo Calvino, Sant’Agostino, Marx, Nietzsche e letture di sociologia urbana, esercitavo la mano cercando cieli con nubi sui monti, prestigiose automobili, schizzi di anatomia muscolo-scheletrici, ritratti e tanti esercizi sulla Gestalt-Theorie
Questo il passato.
Convinto che l’accademicamente è però superabile -e lo dimostra l’interesse sempre avuto per la concettualità ed un vedutismo intimistico, anziché “manieristico” e legato ai maestri- poiché non punto d’arrivo, ma di partenza.
Ecco affiorare nel mio far arte le pulsioni più primitive, dettate dalle passioni più antiche, per il mondo degli animali ed in particolare il cavallo. E mi sono ri-gettato nel “figurativo” con l’attenzione più rivolta al soggetto ritratto che non all’oggetto fisico. Ho cercato di scorgere più l’individualità di un occhio, un orecchio teso, una criniera al vento, il muscolo contratto, ma non mero occhio, orecchio, criniera, muscolo, bensì parte di un cuore fatto di una forma stupenda. Anziché la foto o la radiografia, ho tracciato una specie di cardiogramma, di confessione languida di questa o quella figura ieraticamente assorta o incidente sull’ostacolo, sul turf, nel box pregustando la libertà. È questo “oltre” non scorto immediatamente con un occhio che deve restituire l’immagine del cavallo, dello stambecco, del cane, del cervo o di altri. Si può sintetizzare che al rendering cui ero e sono stato abituato e formato ho dato un taglio, una svolta, ho cercato più in là, perseguendo alla via della ragione quella del sentimento».

ALESSIO VARISCO, Magister artium

Tarasp, 22 agosto 2004

 
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