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Perché cavalli?  

«Il Cavallo corre con i polmoni
persevera con il cuore
e vince con il carattere».
Federico Tesio

 

«Nervi lisci di cavalli/ a sfaticare sere/ a calmarci di sudore/ in fiaccole di gelo/ inutilità di foglie/ stupide e leggere/ nubi di bucato/ sugli stenditoi dei cieli/. Come è duro essere nuovi/ avere un’altra storia […] I cavalli origliano/ quest’aria d’impazienza/ a metà della speranza/ io cambiai percorso/ e poi non ho più corso. […] Sudai di sud/ di vento diventai/ e andai/ con la voce andai/ coi capelli andai/ lungo sentieri di tornadi/ e andai/ con il cuore andai/ fino a che trovai/ la piana dei cavalli bradi/. Scalpitai/ scartai/ m’impennai/ scalciai/ galoppai/ saltai/ m’immolai». [Claudio Baglioni, Oltre]».

  • Perché lo zoomorfismo, i cavalli e i cervi?

Il mio interesse per il "teriomorfismo" (seppure qualche amico professore di greco classico -e non biblico- mi spinga a dire, soprattutto per il grande pubblico, "zoo-morfismo") nasce dall'analisi esegetica delle Sacre Scritture. Le "bestie", ossia gli animali allo stato selvatico e brado: di qui il mio desiderio di raffigurarli solinghi, ieratici, quasi assorti, meditabondi, presaghi della passione per la luce e la spontaneità. Come dice il Prof. GIAN FRANCO RAVASI, ns ex prefetto Ambrosiana e docente in Facoltà di Teologia dell'It. Sett., l'interpretazione delle Sacre Scritture non può che avvenire guardando ai "generi letterari"; a livello esegetico ci dicono molto: la storia di quel momento, le pratiche (habitus), le paure, le ansie. Perciò analizzando non l'uomo, bensì l'animale (zoe) si può comprendere tante cose: in primis il rapporto con l'intorno più prossimo creato da Dio (e perciò il rispetto di ciò che venne creato nel Genesi -al maschile e cioè nel Libro della creazione- il primo della Torah, ossia Pentateuco). Di qui mi appare più "umana" la Scrittura. Pensa che nel primissimo Libro della TaNaK (volgarmente per noi il "Primo Testamento" e per loro l'unico) vi è fatta subito menzione alle "creature"; in quest'ottica l'uomo è posto a comandarle... Addirittura le chiama, ne assegna il nome, e questo è il segno della potestà che gli deriva dal fatto che Dio l'ha reso suo luogotenente...

“27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». 29 Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. 30 A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.” Gn 1, 27-31

Il racconto genesiaco narra –ed esplicita- questo comando all’uomo di rappresentare con le opere la magnificenza del Padre. Poi però è la violenza: dell'uomo che vuole essere Dio! e mangia dell'albero e si spaccherà la schiena per prodursi di cui mangiare -mentre "Isha", la donna, partorirà nel dolore-; ma Dio non si smentisce e nella Sua Infinità Bontà da un'altra possibilità: salva Noè CON DEGLI ANIMALI! Come vedi gli animali [creature di Dio, da Lui plasmate

“24 Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie». E così avvenne: 25 Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra» (Gn 1, 24-26)]

sono parte dell'esistenza umana. Purtroppo quest'ultima si divide in una dicotomica separazione: "bio" e "bia", ossia Natura e Violenza!!! E gli animali possono, come tutti i simboli (questa è la maggiore difficoltà a livello antropologico nella lettura delle Scritture e dei miti), essere la rappresentazione di 2 aspetti magari confliggenti addirittura agli antipodi. Si pensi ad esempio al simbolo del cavallo: presso le popolazioni orientali era la potestà, la signoria (di qui il ritorno di Cristo per il Giudizio di Dio sulla storia proprio su di un Bianco Destriero -simbolo dell'Imperator, del "Dux", dell'irrangiugibile Cavaliere!-), mentre per contro può essere anche simbolo di "cavalli e cavalieri", si pensi in Esodo

“1 Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:
«Voglio cantare in onore del Signore:
perché ha mirabilmente trionfato,
ha gettato in mare
cavallo e cavaliere.
2 Mia forza e mio canto è il Signore,
egli mi ha salvato.
È il mio Dio e lo voglio lodare,
è il Dio di mio padre
e lo voglio esaltare!
3 Il Signore è prode in guerra,
si chiama Signore.
4 I carri del faraone e il suo esercito
ha gettato nel mare
e i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mare Rosso.
5 Gli abissi li ricoprirono,
sprofondarono come pietra.
6 La tua destra, Signore,
terribile per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico;
7 con sublime grandezza
abbatti i tuoi avversari,
scateni il tuo furore
che li divora come paglia.
8 Al soffio della tua ira
si accumularono le acque,
si alzarono le onde
come un argine,
si rappresero gli abissi
in fondo al mare.
9 Il nemico aveva detto:
Inseguirò, raggiungerò,
spartirò il bottino,
se ne sazierà la mia brama;
sfodererò la spada,
li conquisterà la mia mano!
10 Soffiasti con il tuo alito:
il mare li coprì,
sprofondarono come piombo
in acque profonde” [Es 15, 1-10]

in cui rappresenta lo strapotere violento e schiacciante dell'esercito spietato egiziano.

Perciò la raffigurazione religiosa si avvale di un “symbolon", ovvero “simbolo”, che è l’animale: creatura forgiata dal Padre… Ecco “da dove nasce il tuo interesse per la raffigurazione zoomorfa in campo religioso” e spero d’aver risposto a questa prima domanda.

 

 

2)

Il cavallo nelle Sacre Scritture… Bah nella Bibbia ricorre molte volte la parola “cavallo” ricorre in ben 97 versetti. Quasi un centinaio di volte è menzionato il nobile animale che a livello simbolico esprime –come dicevoTi la simbolica cela più significati ed anche l’opposto- i destrieri da attacchi; carri e cavalieri; la battaglia e la guerra; il vigore del cavallo; la salvezza non viene dalla forza (ed è paradigmatico in questo una rilettura cristiana di tantissimi testi che sono preludio dell’Apocalisse che celebra i quattro cavalli ed il cavallo del Fedele Verace che irrompe nella storia per portare il Giudizio di Dio); i cavalli celesti. A queste sei categorie va aggiunta una settima di cavalli famelici, simili a mostri, cavallette che più simili a cavalli

“In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; brameranno morire, ma la morte li fuggirà. 7 Queste cavallette avevano l`aspetto di cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano corone che sembravano d`oro e il loro aspetto era come quello degli uomini. 8 Avevano capelli, come capelli di donne, ma i loro denti erano come quelli dei leoni. 9 Avevano il ventre simile a corazze di ferro e il rombo delle loro ali come rombo di carri trainati da molti cavalli lanciati all`assalto. 10 Avevano code come gli scorpioni, e aculei. Nelle loro code il potere di far soffrire gli uomini per cinque mesi. 11 Il loro re era l`angelo dell`Abisso, che in ebraico si chiama Perdizione, in greco Sterminatore. 12 Il primo "guai" è passato. Rimangono ancora due "guai" dopo queste cose” (Ap 9,6 -12)

 

Come fermarci però ad una struttura ebdomadaria e limitarci? L’ottica cristiana non è forse pervasiva di beatitudini e di amplificazioni? Ed ecco l’Ottavo elemento: l’ASINO. San José Maria Escrivà de Balaguer soleva abbinare il corpo ad un “burro”, ossia l’asinello. Il somaggio è la vita, i fardelli della nostra pochezza, dell’inutilità. L’asino è una cavalcatura più “dimessa” davidica e messianica! Il vero Re non ha bisogno solo dell’abito, gli bastano i modi ed il suo agire è già di per sé regale. Gesù appartiene alla discendenza davidica ed in segno di continuità con le sue radici possiamo leggere l’episodio dell’ascensione a Gerusalemme –per la morte in Croce, ricordiamoci che in quell’abominevole strumento di tortura (addirittura per i semiti “maledetto è colui che pende dalla croce”!) difatti è ignominiosa la morte per crocifissione- che ridarà vita a coloro che lo seguiranno e crederanno alla sua risurrezione pur non avendo visto… Dalla sua mensa sepolcrale costruiremo chiese, cattedrali dedicate appunto al Santo Sepolcro di Gerusalemme e in "en touto nika" ovvero –per noi latini- “in hoc signo vinces!”

E l’ottavo giorno sarà quello della Risurrezione. Segno umile che ha schiacciato con la maestà e la mansuetudine l’ingiuriosa ed ostile fine che era la morte. Ecco che Cristo è risorto! Perché risorto dai morti e non morirà più…

Il cavallo è un animale più fiero, se scuderizzato, altrimenti è umile e simile all’asino; ve ne sono alcuni, come ad esempio quelli che chiamo “operai”, ossia i cavalli maremmani che ancora quotidianamente aiutano i butteri nell’esercizio delle mandrie e nei lavori –mattutini- di ricognizione. Il mio rapporto con gli equini è fantastico: li riconosco e mi riconoscono, mi sento quasi più compreso che dagli umani.

I cavalli non hanno bisogno di domandarti permesso ciò che vogliono fanno. Per questa loro innata ed irrefrenabile spontaneità rappresentano la mia inquietudine. Il cavallo è strepitio… è 

2 sibilo di frusta, fracasso di ruote, scalpitio di cavalli, cigolio di carri (Na 3,2)”,

 il cavallo è come un sogno, di qui il mio titolare alcuni PROFILI –difatti preferisco la grazia del volto a tutto il corpo, che invece preferisco figurare al galoppo, scosso, tutto teso, coi muscoli contratti- “Dreamer” oppure “Dreaming”. Il cavallo è –per me- quasi un “medium” fra cielo e terra… Ho sperimentato il galoppo sul ghiaccio e sembra davvero di volare col vento contro, così forte come esperienza provata in Engiadina sul Laj da Sankt Muretzan (a Sankt Mortitz) e in Maremma coi butteri, nel Parco Regionale.

Hai mai guardato negli occhi un cavallo? In quel vitreo -a volte febbricitante- c’è quell’indomita certezza dell’appartenere alla libertà.

A livello mitico il cavallo è sinonimo del sole, essi trainano il carro della divinità... Ed anche in ambito semita –non solo greco o iraniano (Apollo e Mitra)- la Divinità giungerà trainata da un carro

10 Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l`arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra. (Zc 9,10)

Il cavallo per me è energia pulsionale, espressione della vita, del contatto fra corporeo ed incorporeo. Il cavallo è sconcerto rispetto l’incertezza.

Ho un rapporto particolare con questo animale, talvolta di amore, tal’altre di odio. Li vedo così belli nella Piana dei Cavalli Bradi a Castelluccio di Norcia -paese natale del patrono d’Europa- eppure così troppo spesso arrendevoli, in box angusti e malsani, chiusi, depauperati della loro stessa e propria libertà. I cavalli sono come noi! Stuprati dall’egoismo, narcotizzati dall’interesse egocentrico e malsano di chi li usa solo come macchine e non come animali e cioè nostri simili.

[«I cavalli prodotti in questa sezione rappresentano un estratto dell’omonima pubblicazione del 2002. Questi animali hanno come caratteristica comune la “ripresa”, una rappresentazione solinga, a significare quasi dei ritratti in linea con gli stilemi iconografici della numismatica celebrativa sulla scorta del filone dell’arte ritrattistica classica. È perciò anzitutto “umanizzazione” del cavallo; essi paiono assorti, rattristati, eccitati, briosi, giocosi e guizzanti mai paghi delle proprie libertà e alla ricerca spasmodica di un’enorme prateria. Ad essi andrebbero unite le distese di Castelluccio di Norcia –il Pian Grande- vera piana dei cavalli bradi, nel Parco dei Monti Sibillini, alcune immagini della Camargue, le distese praterie dell’Irlanda segnate dai venti impetuosi, i pascoli del Verband o altre regioni che segnano i natali di questi fieri e generosi animali. I cavalli sono perciò l’emblema della ricerca della libertà nei loro movimenti: scossi, mai montati, galoppanti, saltanti o in box depauperati della loro primaria esigenza e trasognanti quell’esercizio vitale della libertà da tutti sperata e ricercata». Fonte: http://www.alessiovarisco.it/cavalliliberta/index.htm]

Io monto all’inglese, ma ho anche montato al pelo e senza briglia, con una corda di seta al posto del morso. Il cavallo è armonia. Montare a cavallo –per me- è l'equilibrio fra 2 esseri: il destriero ed il cavaliere. Pensa che il metodo di cavalcatura naturale, detto anche “all’italiana o alla Caprilli” [Federico Caprilli è stato capitano di cavalleria ed ha inventato il “Sistema Naturale di Equitazione”] si basa proprio sull’instabile –e questo è il paradosso- equilibrio di due equilibri dinamici –e MAI STATICI- da questi si esplicita un sistema di cavalcatura moderna che “asseconda” le movenze, le inclinazioni, l’equilibrio dell’animale e conforma quello del cavaliere in maniera vicendevole e mai arrendevole. Ecco il cavallo –così come per Caprilli, così anche per il sottoscritto- è proprio SINERGIA! Il cavallo non è egoismo. Esso è altruista. Allo stato brado si servono del gruppo –perciò sono sociali come noi, per me a volte troppo umani!-

Anche nel Primo Testamento abbiamo delle “visioni apocalittiche”: si pensi al Profeta Zaccaria

8 Io ebbi una visione di notte. Un uomo, in groppa a un cavallo rosso, stava fra i mirti in una valle profonda; dietro a lui stavano altri cavalli rossi, sauri e bianchi. (Zc 1,8)”

Le immagini da me raffigurate nei quadri ad olio dei 4 cavalli dei 4 primi quattro sigilli -la cui desigillazione determina l’avanzata del Giudizio di Dio sulla storia-

Ciò che strabilia è che l’immagine neotestamentarie abbiano un anticipazione in

11 Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava "Fedele" e "Verace": egli giudica e combatte con giustizia (Ap 19,11)”.

Il cavallo scosso, che esce dal vuoto informe, dal buio, è simbolo di questa inquietudine di immergersi nello splendore della Luce che è Dio… Pensa che persino il Corano figura il giudizio divino mutuando lo schema del quarto evangelista! Ciò dice tutto… Per noi cristiani sarà Cristo, “Colui che lo monta” (dal greco è “monta” e non “cavalca”) è il Fedele Verace, ossia il Messia, l’Unto, il Cristo, l’Emmanuele. In realtà il cavallo è come se divenisse bianco (dal greco “hippos leukos”) poiché

“I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi” (Ap 19,12)

Quella Parola, Logos, che solo sa riconoscere la lingua –illeggibile ed incomprensibile- del cartiglio

“porta scritto un nome che nessuno conosce all`infuori di lui.” (Ap 19,12)

Ha sconfitto la morte poiché è Dio e ha voluto la Salvezza dell’Umanità in Lui redenta

“E` avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio. 14 Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro” (Ap 19, 13-14).

Il riferimento all’Apocalisse è questo… spero di avertelo esplicitato, altrimenti domanda ancora!

 

 

3)

Il cervo è invece l'immagine dello splendore della luce: "pleroma" direbbe l'autore del Quarto Evangelo, ossia "pienezza di luce". Difatti il salmista dice –come indicato nell’originale aramaico e non dalla traduzione della Bibbia CEI che ha fatto perdere la sua valenza antropologico/simbolica traducendo con il sostantivo femminile-

"come cervo anela la Fonte, così l'anima nostra a Dio!".

versione suggeritami dal Cardinal Carlo Maria Martini.

 

CERVA

Attributo di diversi santi, p. es. di Amadour (Amato), che pare sia stato allattato da una Cerva, e Genoveffa da Brabante (nutrita da una Cerva nel bosco insieme con il suo bambino. Gli affreschi di Moritz di Schwind, XIX sec., Residenz, Monaco); di Egidio (che protesse una c. cacciata), di Goar (che nel suo eremi taggio sul Reno era visitato e nutrito ogni giorno da tre Cerve. Raffigurazioni del XV sec. nella chiesa di St. Goar) e del Santo di Cappadocia, Mammas (Mamerto), popolare nella Chiesa greca, che visse insieme con gli animali dei luoghi selvaggi.

 

A livello antropologico il cervo nell’ambito della mitologia dei popoli antichi è l’espressione della LUCE (!), ovvero la “Phos”… Difatti i suoi palchi sono –in quest’ottica- i raggi del sole. Nelle popolazioni orientali, pre-ebraiche, è addirittura il simbolo di quella luce invincibile, il sole appunto, vincitrice della notte. Il cervo è l'animale protettore e vincitore della morte, che solo può accompagnare e guidare l’anima errabonda di un defunto che prima dell’ottica cristiana cadeva nello Sheol, una sorta di abisso infernale in cui neppure le ombre si scorgono e vi solo oscurità. Di qui il simbolo del cervo ha assunto nell’iconografia cristiana, in particolare quella paleocristiana, un notevole successo. L’illustrazione del cervo è relativamente rara e si rinviene soprattutto nelle illustrazioni catacombali: quale illustrazione del Salmo 41-42 “come cervo anela ai corsi d’acqua”, oppure addirittura il simbolo del catecumeno che attende di esser mondato ed anela a quell’acqua che è vita. Ma la rappresentazione del cervo nell’arte cristiana si ha anche su numerosissime raffigurazioni musive (in Dalmazia e in Francia) e su rilievi: un sarcofago ravennate, un vaso battesimale a Pesaro, all’interno di San Giovanni in Napoli su di una lastra marmorea.

L’esplosione della rappresentazione –l’evento potremmo dire più topico- si ha durante il Medioevo quando -oltre alle scene di caccia narrate che lo vedono vittima in quanto predato dai cacciatori che si lanciano al suo inseguimento- diviene uno degli animali descritti e più in uso fra i decoratori plastici dell’epoca.

La sua immagine appartiene a lungo all’arte dell’epoca precristiana e indica velocità, fertilità, rinnovamento di vita (cfr. il periodico rinnovarsi dei suoi palchi). Esso, sostituibile in questo significato, occasionalmente, con la gazzella, può raffigurare, là dove viene inseguito da un leone o da un centauro, l’anima inseguita dal diavolo o un’illustrazione dell’invocazione liturgica:

«Salvaci, Signore, dalle fauci del leone!». In Abacuc 3,19 e Canti co 8,14 il c. inseguito è nominato chiaramente. Più di frequente e con cadenzata insistenza incarna, secondo il Salmo 41, l’anima del catecumeno che era immerso per tre volte nell’acqua dispensatrice di vita del fonte battesimale. Il Salmo 41 veniva anche cantato, secondo un’antica tradizione, nella notte di Pasqua, dai catecumeni che si avviavano al battesimo. Cosi il c. è raffigurato di frequente accanto all’acqua della vita: sui mosaici del mausoleo di Galla Placidia a Ravenna e nella Zisa di Palermo. Dove il c. e la fonte si incontrano uniti a un serpente (EI Bònnigheim e Freudenstadt/Foresta Nera), si allude all’idea antica che il c. con il suo fiato possa estrarre dalla terra serpenti velenosi e li divori senza averne alcun danno, poiché beve anche l’acqua dalla fonte della vita. Il c. s’incontra anche in relazione ai simboli — eucari stici; già uno stampo per ostia del IV sec. proveniente da Cartagi ne mostra un c. tra viticci stilizzati con la scritta: «Io sono il pane vivo che è disceso dal cielo», identificando dunque il c. con Cri sto. Non di rado due c., posti l’uno in faccia all’altro, visibili solo nella parte anteriore del corpo, piluccano un grappolo d’uva (timpano Rheinau/Svizzera): segno dell’anima che, penetrando nel cielo, ha in sorte i beni della vita celeste. Infine il c. può formare un tutt’uno con un giovane uomo, che nel pieno possesso delle sue forze, va incontro al mondo, alle sue tentazioni e ai suoi pericoli e deve esercitarsi all’auto-disciplina. Nell’arte di molti popoli il suo grande palco di corna lo ha messo in relazione con l’albero della vita. Come attributo di santi s’incontra presso Sant’Abbondio di Como, Corrado di Piacenza, Donaziano, Lam berto, Meinhold, Osvaldo, Procopio di Boemia. Il c. porta una croce nei palchi presso i santi Eustachio, Uberto e Meinulf. Su un c. cavalcano i santi bretoni Edern e Thélau.

 

Il cervo per me è animale biblico per antomasia. Scattante

“la parola del Signore è integra;

egli è scudo per quanti si rifugiano in lui. 32 C`è forse un dio come il Signore;

una rupe fuori del nostro Dio? 33 Dio mi cinge di forza,

rende sicura la mia via. 34 Ha reso simili i miei piedi a quelli delle cerve;

mi ha fatto stare sulle alture”.( 2Sam 22,34)

è “nobile” la sua carne –commestibile, seguendo le prescrizioni deuteronomistiche- e non invece come molte altre “immonde”

“Questi sono gli animali che potrete mangiare: il bue, la pecora e la capra; 5 il cervo, la gazzella, il daino, lo stambecco, l`antilope, il bufalo e il camoscio. 6 Potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l`unghia bipartita, divisa in due da una fessura, e che rumina. 7 Ma non mangerete quelli che rùminano soltanto o che hanno soltanto l`unghia bipartita, divisa da una fessura e cioè il cammello, la lepre, l`ìrace, che rùminano ma non hanno l`unghia bipartita; considerateli immondi; 8 anche il porco, che ha l`unghia bipartita ma non rumina, lo considererete immondo”. (Dt 14, 4-8)

E continua nei precetti:

“lo mangerai entro le tue città; chi sarà immondo e chi sarà mondo ne mangeranno senza distinzione, come si mangia la gazzella e il cervo. 23 Solo non ne mangerai il sangue; lo spargerai per terra come acqua”. (Dt 15,22-23)

È il simbolo di quella purezza che può essere messa in duro pericolo dalla lascivia, dalle tentazioni, dalle moine di un mondo degenere, infedele, dimentico della fede vera…

“egli incauto la segue,

come un bue va al macello;

come un cervo preso al laccio,
23 finché una freccia non gli lacera il fegato” (Pr 7, 22)

 

E come tutte le più belle cose il cervo è il canto, una vera e propria lirica, dell’epopea umana, una cartina al tornasole, una sorta di specchio della umanità che naufraga fra mille insidie:

“Dalla figlia di Sion

è scomparso ogni splendore;

i suoi capi sono diventati come cervi

che non trovano pascolo;

camminano senza forze

davanti agli inseguitori. 7 Gerusalemme ricorda

i giorni della sua miseria e del suo vagare,

tutti i suoi beni preziosi dal tempo antico;

ricorda quando il suo popolo cadeva

per mano del nemico

e nessuno le porgeva aiuto.

I suoi nemici la guardavano

e ridevano della sua rovina. 8 Gerusalemme ha peccato gravemente,

per questo è divenuta un panno immondo;

quanti la onoravano la disprezzano,

perché hanno visto la sua nudità;

anch`essa sospira

e si volge indietro. 9 La sua sozzura è nei lembi della sua veste,

non pensava alla sua fine;

essa è caduta in modo sorprendente

e ora nessuno la consola

"Guarda, Signore, la mia miseria,

perché il nemico ne trionfa"”. (Lam 1,6-10)

Come anticipatoTi ieri esso è quell’anelare della Fonte che è la Parola. Il “Logos” –il Vero Uomo, o meglio come dice il Quarto Evangelista, “il Figlio dell’Uomo”, ovvero quel Dio fattosi carne che ha trovato spazio fra coloro che devono accoglierlo…

«Queste tavole rappresentano animali: asini, aquile, marmotte, cani, cervi, stambecchi, caprioli, elefanti, leoni, tigri, pantere, leopardi. In tutti questi “ritratti” unico vero obiettivo e fil-rouge che li unisce è la scoperta di un mondo animato di respiri, di attenti e cordiali sguardi –anche nella ferocia- “naturali” poiché rispondenti ad una vera e propria interiore “superiore” ad ogni umana certezza nella brutalità di una natura selvaggia ed incontaminata. Lo sguardo languido di un’asina di davidica memoria, cavalcatura messianica nonché regale cavalcatura durante il periodo dei Giudici in ambito semitico. Dallo sguardo più repentino e già proiettata in picchiata: l’aquila. Marmotte sonore sdraiate al sole vicino a laghetti alpini in Alta Rezia. Cani dallo sguardo languido, piccoli cuccioli non vivi sezionati (è un beagle scampato…). Cervi che paiono anelare la Fonte e a Dio ad esprimono il sole nell’irradiarsi dalle corna come i raggi: metafore della luce solare, potenza energetica ed anche sessuale-riproduttiva. Stambecchi in transito, od un solingo maschio adulto sul Muottas Muragl, nei pressi del Segantini Hut, o ancora quel gruppo sul versante svizzero dell’International Park, nel Parc Natiunal Svizzero, in un canalone verso il Laj da Rims. Caprioli mansueti, vigili, alla ricerca di qualsiasi rumore. Elefanti africani ed asiatici durante il passo o a riposo, mentre bevono nei pressi di un’oasi. Leoni e leonesse, pantere o tigri tutti attestanti la naturale gioia d’essere e di vivere». Fonte http://www.alessiovarisco.it/altrianimali/index.htm

Questo quanto!

Prof. ALESSIO VARISCO

Storico dell'arte

Direttore Antropologia Arte Sacra

 

 

Alessio Varisco, Magister Artium

Berninapass, 29 agosto 2004

 
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