Maria,
donna del sabato santo
«Nelle
feste c’è Lui.
Nelle
vigilie, al centro, c’è Lei.
Discreta
come brezza d’aprile che ti porta sul limitare di casa profumi di
verbene, fiorite al di là della siepe.
Ci
sono, a volte, degli attimi così densi di mistero, che si ha l’impressione
di averli già sperimentati in altre stagioni della vita. E ci sono
degli attimi così gonfi di presentimenti, che vengono vissuti come
anticipazioni di beatitudini future.
Nel
giorno del sabato santo, di questi attimi, ce n’è più di qualcuno.
E’ come se cadessero all’improvviso gli argini che comprimono il
presente. L’anima, allora, si dilata negli spazi retrostanti delle
memorie.
Fascino
struggente del sabato santo, che ti mette nell’anima brividi di
solidarietà perfino con le cose e ti fa chiedere se non abbiano
anch’esse un futuro di speranza!
Se
nel sabato santo il presente sembra oscillare su passato e futuro,
è perchè protagonista assoluta, sia pur silenziosa, di questa giornata
è Maria.
Dopo
la sepoltura di Gesù, a custodire la fede sulla terra non è rimasta
che lei. Il vento del Golgota ha spento tutte le lampade, ma ha
lasciato accesa la sua lucerna. Solo la sua. Per tutta la durata
del sabato, quindi, Maria resta l’unico punto-luce in cui
si concentrano gli incendi del passato e i roghi del futuro. Quel
giorno ella va errando per le strade della terra, con la lucerna
tra le mani.
Santa
Maria, donna del sabato santo, estuario dolcissimo nel quale almeno
per un giorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l’ultimo
punto di contatto col cielo che ha preservato la terra dal tragico
“black-out” della grazia. Guidaci per mano alle soglie della luce
di cui la Pasqua è la sorgente suprema.
Santa
Maria, donna del sabato santo, aiutaci a capire che, infondo, tutta
la vita, sospesa come è tra le brume del venerdì e le attese della
domenica di risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. E’
il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi
di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perchè
diventino tovaglie d’altare.
Ripetici,
insomma, che non c’è croce che non abbia le sue deposizioni. Non
c’è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. Non c’è peccato
che non trovi redenzione. Non c’è sepolcro la cui pietra non sia
provvisoria sulla sua imboccatura. Le rapsodie, più tragiche accennano
ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri
contengono già i motivi festosi dell’alleluia pasquale.
Santa
Maria, donna del sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di
quel giorno, ti sei preparata all’incontro col tuo figlio risorto.
Quale tunica hai indossato sulle spalle? Quali sandali hai messo
ai piedi per correre più veloce sull’erba? Come ti sei annodata
sul capo i lunghi capelli di nazarena? Quali parole d’amore ti andavi
ripassando segretamente, per dirgliele tutte d’un fiato non appena
ti fosse apparso dinanzi?
Madre
dolcissima, prepara anche noi all’appuntamento con Lui.
Destaci
l’impazienza del suo domenicale ritorno. Adornaci di vesti nuziali.
Per ingannare il tempo, mettiti accanto a noi e facciamo le prove
dei canti. Perché qui le ore non passano mai».
(da
“Maria, donna dei nostri giorni” di Mons. Tonino Bello, Vescovo
di Molfetta)
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