"PREGHIERA DI NATALE"
di LUIGI SERENTHA'
Técne Art Studio - COMUNE di TODI
Personale di TEODOLINDA VARISCO
Chiesa Santissima Trinità - Todi
23. XII. 2000 - 06. I. 2001
«E' Natale, Signore. O è già subito Pasqua?»
Là dove l'Eterno entra nella nostra storia avviene come una contrazione
della successione temporale e un rimescolamento dei segni del tempo.
La visita di Dio comporta anzitutto una contrazione della distanza temporale:
da subito tutto è donato in pienezza, così che la nascita
di Gesù è già la nuova nascita del Figlio nella Pasqua,
il suo ingresso nella fatica dei nostri giorni è già passaggio
nelle mani più forti del Padre.
La successione temporale diventa il dispiegarsi di un dono di Dio totale
e definitivo e il cammino della vita un passaggio «di gloria in gloria»
(2Cor 3,18) o «grazia su grazia» (Gv 1,16), poiché «dalla
sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto» (Gv 1,16). L'agire dell'uomo
non è più segno della condanna alla dispersione che fugge
e si insegue, ma espressione di uno scaturire sorgivo inesauribile della
ricchezza di vita.
In Gesù il tempo è reso grembo dell'eternità che pure
lo abbraccia e lo contiene: la creatura ha generato il Creatore, perchè
l'uomo potesse essere rinnovato dal farsi vicino di Dio.
«Quanti segni di morte, Signore, in questa tua nascita»
Questa contrazione dei tempi incapaci di contenere la grandezza del dono nuovo che è la vita di Dio con noi (Emmanuele), porta con sé un rimescolamento dei segni: il legno del presepe è quello della croce, la greppia è una sorta di sepolcro in cui giace il Dio inerme, il freddo è presentimento dell'odio che respinge... la nascita è accompagnata da segni di morte, perchè la morte possa essere letta ormai come una nuova nascita, la rinascita alla vita vera, quella che il Padre ci ha preparato da sempre.
«Comincia così il tuo cammino tra noi, la tua ostinata decisione di essere Dio, non di sembrarlo»
Si tratta della nascita di qualcosa di nuovo, tra i dolori del parto di
una nuova creazione. I segni di morte diventano tracce del mondo vecchio
che sta per essere ridotto a nulla, coi suoi fasti e le sue pompose apparenze.
Chi «vede e crede» è invitato a rinunciare all'apparire,
per lasciar esser questo dono divino secondo verità: «in questa
possibilità di amarti che la tua povertà mi dischiude divento
veramente uomo, scopro di essere veramente uomo, non di sembrarlo».
Rinunciare all'apparenza a favore dell'essere, significa permettere a Dio
di "essere Dio", anziché chiedergli di sembrarlo nei nostri
deliri di onnipotenza e nelle nostre ansiose paure.
La notte di Natale diventa lo spazio di un "fiato sospeso", nello
stupore per le cose nuove che Dio sta operando tra noi, è lo svuotarsi
di sé per far posto alla povertà di Dio che ci fa veramente
ricchi.
«Il tuo Natale è il mio natale. Nella gioia di questo nascere, nello stupore di poterti amare, nel dono immenso di vivere insieme»
Ecco il mirabile scambio, le nozze mistiche, la scoperta che cambia la
vita: il Dio chiede di essere ospitato nel nostro tempo perché, accogliendo
lui possiamo afferrare un lembo della sua gloria, un brandello di eternità
e così, aggrappati ai segni del suo passaggio esser ospitati nell'eterno
spazio della vita divina.
E' la legge dell'abbraccio: il grande si fa piccino dal suo piccolo è
così sollevarlo alla sua guancia e portarlo con sé.
Questa rinascita all'eternità nell'apertura del cuore ai piccoli
è la promessa più bella del Natale.
S. Natale 2000
Dr. Prof. don ALBERTO COZZI
Docente di Antropologia,
Facoltà di Teologia dell'Italia Settentrionale