Gesù Cristo unico Salvatore del mondo?
Pluralità delle religioni e ricerca teologica
(ALESSIO VARISCO)
«Ci sono eredità poetiche che sono un grande dono;
ma di norma i lasciti hanno una somiglianza sospetta con le svendite
per
cessata attività e per saldi».
(ROBERT MUSIL, Prefazione a Nachlass zu Lebzeiten, 1936, Hamburg)
Interamente scritto e composto in Engadina a Sils Maria nel dicembre
2001.
INDICE
1. INTRODUZIONE ALLA PLURALITÀ DELLE RELIGIONI
2.1. PANORAMA SINCRONICO
2.2. PANORAMA DIACRONICO
3. CONCLUSIONI
• BIBLIOGRAFIA
1. INTRODUZIONE ALLA PLURALITÀ DELLE RELIGIONI
Il XX secolo ha dato all'umanità un gran numero di personalità
di grande spicco, il cui contributo ha accresciuto lo sviluppo delle
materie sociologiche; è in questa epoca infatti che nasce
l’esigenza di argomentare le “modificazioni” della società
. La storia delle dottrine teologiche mostra dai primi secoli della
Chiesa una particolare attenzione all’elaborazione di categorie
di lettura interconfessionale , ma è solo dal secolo appena
passato, definito dagli storici “breve”, e contraddistinto dalla
speculazione scientifica in ambito umanistico, che si assiste ad
un susseguirsi di avvenimenti che hanno creato nuove e sempre più
puntuali -e specifiche- discipline .
Sorgono la “sociologia delle religioni” e la “psicologia religiosa”
come strumenti di lettura del macrosistema “globalità” (uomini
nel mondo) e microsistema “personalistico” (il singolo rispetto
l’interiorità del noumenico).
Dal punto di vista storico il XX secolo è il periodo della
Grande Guerra Civile che ingloba e manifesta infrastagliati conflitti
che vedono le fasi topiche nell’espressione delle due guerre mondiali
e nelle molte crisi che accompagnano il problema mediorientale.
La costituzione dello stato d’Israele determina il riconoscimento
geografico di un’identità anche religiosa a scapito di una
problematica gestione dell’intricato malcontento post-coloniale
di molti paesi a maggioranza islamica. Si assiste alla guerra fredda
fra due blocchi occidentali e orientali, scontratisi istituzionalmente
in più riprese ma mai militarmente nemmeno nelle molteplici
“crisi” .
In molti “lettori” delle vicende terrene resta comunque l’irrefrenabile
tentazione di spostare la dissertazione su un’ottica più
“religiosa” ponendo come basi di lettura degli avvenimenti mondiali
l’appartenenza etnica ad una religione. Perciò -anche noi
nel corso della presente trattazione- porremo il «quid»
orientandolo verso la religiosità e la necessaria richiesta
gnoseologica di ciascun popolo di elaborare la sua fede, ma in un’ottica
più particolare di mera sociologia religiosa verso una “teologia
delle religioni”.
«Il mondo si è contratto in se stesso che non vi è
più alcuna distanza che lo divida... L’uomo moderno ha superato
ogni distanza» .
Noi sappiamo che grazie ai mezzi di comunicazione si è costituito
un enorme “villaggio globale”, definizione iniziata da McLuhan .
L’idea di un grande villaggio pone il problema della “religiosità”
dello stesso. Di qui la nostra indagine.
Divenuto “globale” questo villaggio, non possiamo eluderne le identità
religiose che ci stanno intorno. Assumendo come verità il
modello esposto dall’antropologo Mircea Eliade entriamo nello specifico
analizzando l’«homo religiosus», superamento e completamento
dell’«homo faber».
Multiculturalità significa non interculturalità ma
anche multireligiosità. Di qui l’esigenza di una linea teologica
che aiuti a comprendere le intricate dogmatiche delle singole confessioni
non chiuse ma “aperte”. Un pioniere della modernità a questo
punto è il filosofo Popper che teorizza il sistema sociale
moderno nel suo testo «Società aperta», un’analisi
puntuale della complessità dell’oggi fatta di
«fattori di comunicazione e di interdipendenza tra i diversi
popoli e le diverse culture hanno prodotto una maggiore coscienza
della pluralità della religione del pianeta» .
Che cosa significa il termine “teologia delle religioni”? Già
Paolo VI nella sua «Nostra Aetate», promulgata il 23
ottobre 1965 iniziava quel lungo percorso che si chiama «Dichiarazione
sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane»;
di qui nacque l’esigenza sempre più fondata di dar spazio
ad una teologia delle religioni mediante la quale
«con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e la
collaborazione con i seguaci delle altre religioni, rendendo testimonianza
alla fede, alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano
progredire (agnoscat, servent et promoveant) i beni spirituali e
morali e i valori socio-culturali che si trovano in essi.»
.
Il passo emblematico -la più grande realizzazione di teologia
delle religioni- è essenzialmente la “Preghiera per la pace”
del 27 Ottobre 1986 ad Assisi ove partecipano i leader di tutte
le religioni unitamente al Pontefice GIOVANNI PAOLO PP. II. E’ questa
la massima espressione della cooperazione fra cristiani, ebrei,
buddisti, induisti, musulmani, amerindi e religioni africane per
quel dialogo promosso dal Vaticano II.
Strumenti fondamentali per realizzare il dialogo di confronto sono
le seguenti discipline che apportano e strutturano la disciplina
della Teologia delle religioni: storia, sociologia, psicologia,
filosofia e teologia. Questa sinergia di discipline facilita -effettivamente-
una adeguata e profonda riflessione sulla dimensione storica, psicologica
e sulla portata sociale. Compito principe
«determinare il contenuto essenziale delle religioni, la verità
della religione ... il significato dell’uomo» .
Uno dei fini primari è di aiutare a comprendere anche la
nostra Rivelazione nella dialettica con le altre confessioni , oltre
a studiare e meglio analizzare il significato delle religioni interpretandole
alla luce della Parola di Dio. Essa è un ramo -abbastanza
recente la sua istituzione- della Teologia, che si muove nell’«esperienza
contemporanea del mondo e dell’uomo» . Essa si è sviluppata
da quella diffusione della funzione -cosiddetta- “dialogica” fra
le differenti confessioni.
Concludo con una riflessione del teologo-pittore Franz Marc che
nel suo articolo sulla volontà di ricerca di ciascun uomo
della trascendentalità nel suo “Der Blaue Reiter” esprime
la stessa gioia espressa dal tentativo di dialogo iniziata e trasmessa
dall’intento del Vaticano II e dell’incontro in Assisi dell’86:
«S p e z z a r e l o s p e c c h i o d e l l a v i t a p e
r g u a r d a r e nell’ e s s e r e!» .
2.1. PANORAMA SINCRONICO
Da sempre la confessione cristiana ha dovuto fare i conti con un
confronto con le altre religioni; si pensi all’ebraismo, di cui
nei primi anni dopo la morte del Maestro è considerata una
sorta di “eresia” semitica od al tragico rapporto con le confessioni
pagano-romane e alle guerre con l’Islam, per approdare a guerre
interconfessionali quali quelle che hanno sconvolto il Vecchio Continente.
Ma l’affermarsi della “missiologia” e l’esigenza di una costruzione
positiva di una disciplina di “inculturazione” si ha con la scoperta
dell’America ed il Colonialismo. Pochi giorni orsono il Santo Padre
ha inviato via e-mail una Sua Lettera alle Chiese ed alle popolazioni
del Continente australe ed agli arcipelaghi per i torti compiuti
verso gli aborigeni. Appare evidente quanto la Chiesa abbia patito
ma anche fatto patire . Intento della ricerca teologica è
l’espressione nell’ambito del contesto della pluralità delle
religioni e del tentativo di conciliazione nella teologia delle
religioni di un panorama sincronico. Compito di ciascun cristiano
è di «essere un missionario» , di compiere il
“dialogo” che è
«la nuova parola d’ordine... i cristiani sono “testimoni”
e sarebbero a disagio se non si sentissero migliori dei non cristiani
e se non avessero il coraggio di confessare la loro fede e non sentissero
il peso di tutto il mondo (missione)» .
L’urgenza che si affaccia è sulla tendenza che prende le
mosse sull’universo ecclesiocentrico e cioè sull’appartenenza
ai dettami della guida che è il Vangelo.
Una seconda tendenza, che ha il suo fondatore in K. Rahner, elabora
un’ottica eminentemente cristocentrica .
Abbiamo -sempre secondo Schinneler- una terza ottica che invece
connota un “universo teocentrico” ove possiamo situare -al suo interno-
una teologia della “rivelazione piena” e quindi normativa ed un’altra
per la quale Dio si è rivelato nelle diverse religioni e
perciò non è “normativo” considerare l’evento Incarnazione
di Cristo, Dio incarnatosi e manifestatosi all’uomo.
Inoltre un altro studioso P. Knitter, sulla linea precedentemente
additata da Schineller, elabora una sua ulteriore catalogazione
per modelli : “evangelico conservatore” entro cui esiste l’unica
salvezza in Cristo; “protestante diffuso” secondo cui le salvezze
sono operate da Cristo; il “cattolico aperto” che definisce “vie”
le altre religioni ribadendo l’unicità della norma che è
Gesù; ed un’ultima “teocentrica” che consente e dichiara
molteplici le vie per arrivare a Dio, tenendo salda l’assoluta primarietà
nel centro che è Dio. Queste posizioni possono essere ridefinite
“quattro categorie” secondo H.R. Niebuhr, ponendo in simmetria le
due mappe di Schineller e di Knitter. Appare evidente il quadripartitismo
della classificazione che però sembra si stia dirigendo verso
un tripartitismo. L’ecclesiocentrismo diviene paradigma dell’esclusivismo,
mentre il cristocentrismo dell’inclusivismo; il teocentrismo è
sostenuto invece dal pluralismo . Ma è Dupuis che definisce
i “paradigmi” entro cui muoverci
«trattasi di principi di intelligibilità, di chiavi
di interpretazione complessiva della realtà, che opponendosi
le une alle altre si escludono a vicenda. Non è possibile
sostenere allo stesso tempo.... una visione del mondo tolemaica
ed una copernicana» .
Secondo J. Dupuis la Chiesa è «un mistero derivato,
relativo, che trova in lui la sua ragion d’essere» . Questo
è un cambiamento in sintonia con le Scritture rispetto le
precedenti visoni della Chiesa. Mentre il secondo mutamento di paradigma
è insito nel passaggio dal cristocentrismo al teocentrismo,
meglio detto “pluralismo”. Se il passaggio dall’ecclesiocentrismo
al cristocentrismo è proveniente dalla Scrittura, quello
dal paradigma cristocentrico a quello teocentrico si presenta molto
intricato. Le maggiori problematiche provengono dal profilo teologico
che di fatto nega la dimensione universale e quindi della mediazione
salvifica di Cristo e della mediazione salvifica di Gesù
che si è fatto uomo ed ha posto la sua dimora fra noi.
L’esame biblico è fontale per poter stabilire i criteri di
approfondimento della Scrittura e del dato “Rivelazione”. La visione
sincronica permette di poter analizzare l’altro “panorama” e cioè
quello diacronico nel quale le varie correnti si sono rivelate.
2.2. PANORAMA DIACRONICO
Opportuno come criterio di avvicinamento a questo panorama l’analisi
del cammino condotto dalla teologia nel sec. XX al fine di poter
individuare le basi per questo modello di panorama. Dividerò
le esposizioni del trattato per fasi:
1. Quella dell’inizio del Secolo appena trascorso si presenta contraddistinta
da un atteggiamento rigorosamente apologetico. Tra il 1919 ed il
‘23 appaiono con la firma di Billot diversi articoli sulla rivista
“Études” sotto il titolo generale di : «La Provvidenza
divina ed il numero infinito di uomini fuori della via normale della
Salvezza». In questa serie di suoi contributi prende in analisi
“l’infinito numero di uomini” che sono morti e muoiono senza credere
nel Vangelo. Giunge alla convinzione che come i bimbi che muoiono
senza aver ricevuto il battesimo così gli uomini “non-cristiani”
non sono per questo deputati alla dannazione. Coevo di Billot, dal
versante protestante, risponde alla medesima interpellanza Barth
coll’analisi della Lettera ai Romani di San Paolo di Tarso. Il teologo
svizzero esamina dettagliatamente lo scritto fino a giungere alla
conclusione che nessun uomo può raggiungere la Salvezza se
non per mezzo di Gesù Cristo; altresì che la religione
che non cerca Giustificazione nel Vangelo è aliena al piano
salvifico ed è l’espressione dell’incredulità. I suoi
discepoli poi applicano la “teologia dialettica” alle religioni
concrete incontrate nel campo della missione. Nonostante la sua
formulazione risalga al secondo decennio del Novecento non è
del tutto scomparsa; essa gode della stima di molti teologi che
continuava i loro lavori utilizzandola come strumento, presentata
dall’evangelicalismo del “Manifesto di Manila” del 1989; in ambito
cattolico la ritroviamo nell’interpretazione esclusivista propugnata
da Leonard Feeney dal Sant’Uffizio contro l’Arcivescovo di Boston:
«extra ecclesiam nulla salus!». Quest’esclusivismo “puro”
è ancora accettato da H. Van Straelen che afferma:
«la Chiesa ha sempre insegnato che, per essere salvato, l’uomo
deve accettare il messaggio del Vangelo!» .
2. In ambito cattolico il periodo che prepara il Vaticano II è
costituito da quel rinnovamento teologico iniziato precedentemente.
L’esigenza fondamentale è la conoscenza delle altre religioni,
numerosi gli studi su questi argomenti. Aspetti dell’analisi del
trascendente, della persona e della storia. Si configura come un
“villaggio globale” in cui riescono a “con-vivere” le tradizioni
religiose.
Dall’urgenza di mappare la Chiesa che vive nella fede del Vangelo
-problema già studiato da Barth- si sviluppano due posizioni:
a) Daniélou elabora la “teoria del compimento” (tutte le
religioni sono espressione dell’uomo che tenta di ergersi verso
l’assoluto) ossia dell’«Homo naturaliter religiosus»
e si considerano le diverse espressioni religiose delle espressioni
naturali della trascendentalità umana; b) una seconda che
ha il caposcuola in K. Rahner ove le varie religioni costituiscono
interventi specifici in Dio realizzati nel Suo Figlio. Hanno così
svolto un compito positivo le religioni esistenti prima della venuta
del Messia, ponendo una vera “praeparatio evangelica”. E ne conservano
questa funzione nella relazione col mistero di Cristo. L’uomo dunque
può incontrare Dio solo mediante Gesù Cristo:
«in sostanza afferma la presenza salvifica di Dio nelle religioni
non-cristiane, ma al contempo sostiene che Cristo è la definitiva
ed autorevole rivelazione di Dio» .
Opera, nelle religioni, il Risorto; le religioni assurgono ad una
tipizzazione spirtituale-soprannaturale.
«in forme variabili [...] costituisce probabilmente la posizione
oggi più largamente accettata dai teologi, sia protestanti
che cattolici.» .
3. Dagli anni ‘70 si configura una nuova linea di lettura che mira
a comprendere -nel panorama delle scienze teologiche della religione-
il significato delle molteplici religioni cercando una rinnovata
linea teologica. La molteplicità delle religioni è
un semplice dato di fatto , oppure la già affermata in linea
di principio del “pluralismo de jure”. L’uomo accoglie gli elementi
per vivere nella religione attraverso la quale a sua volta accoglie
il dono divino della Salvezza; ed il termine «pluralismo»
richiama al fatto che Cristo è “ponte” per unirsi a Dio
«Gesù è al vertice delle aspirazioni umane,
è il termine delle nostre speranze, è il punto focale
della storia, è il centro dei desideri di tutti i cuori.
Gesù è il vero uomo, il fratello insostituibile, l’unico
d’ogni fiducia e amore... Gesù è la Parola che tutto
definisce, tutto spiega, tutto classifica, tutto redime. Gesù
è per tutti, per ogni singola anima, per ogni singolo popolo.
Gesù è necessario: senza di Lui non si può
vivere. Gesù è sufficiente: basta Lui alla nostra
guida suprema, alla nostra sapienza ultima, alla nostra salvezza
eterna. Gesù è la sola religione. Gesù è
la sicura e definitiva Rivelazione di Dio. Gesù è
il solo ponte fra noi e l’oceano di Dio. Gesù è il
Cristo-Dio, il Maestro, il Salvatore, la Vita!» .
Sappiamo che le varie religioni conducono a Dio e che, insieme al
cristianesimo, esse
«rappresentano altrettante vie che conducono a Dio, ognuna
delle quali possiede, nonostante le differenze, eguale validità
e valore.» .
La prospettiva da ecclesiologico-cristologica diviene esclusivista.
Siamo nell’ambito della teologia pluralistica in cui si sviluppa
il teocentrismo. In questo campo dobbiamo altresì dividere
in:
a) “Pluralismo relazionale” corrispondente alla “cristologia normativa”
(tipologia introdotta da Schineller) ove l’assolutezza del dato
rivelato è nell’incarnazione di Gesù. Panikkar distingue
tra la dimensione cristica e la realtà storica di Gesù
nel suo “The unknown Christ of Induism”, testo pubblicato nel 1967.
Questo “mistero” è presente nelle diverse religioni come:
Rama, Krsna, Isvara, Purusa. Per noi cristiani il mistero ha nome
Cristo. Per Geffrè invece il valore simbolico della Croce
e della Risurrezione rivestono un ruolo primario.
«La verità non è né esclusiva, né
inclusiva, di ogni altra verità; essa è relativa a
ciò che di vero c’è nelle altre religioni.»
.
Prosegue affermando nel corso della sua trattazione che non vi è
definizione «al di fuori della Croce di Cristo come figura
dell’amore assoluto» . Gesù è “unico” ed universale.
Un altro studioso, Duquoc, è mosso dalle stesse preoccupazioni
e la particolarità caratterizza l’autocoscienza della Chiesa.
«Dio non assolutizza una particolarità: manifesta invece,
che nessuna particolarità storica è assoluta, e che
in virtù di tale relatività, Dio si può raggiungere
nella nostra storia reale.» .
Il Risorto non viene annunciato solo nella particolarità,
entro la storia, ma è il Figlio «inteso come Parola».
b) “Pluralismo relazionale”, quello cosiddetto “relativista” hickiano,
che tenta di rappresentare Cristo come criterio normativo nei confronti
delle altre confessioni. Egli è il “telos”, la “realtà
ultima”; scopo della ricerca
«l’orientare dall’ego-centralità alla Dio-centralità
o alla Realtà-centralità. [...] L’evento-Cristo è
la Fonte unica ed esclusiva della salvezza umana» .
Si sviluppa su quest’ottica una schiera di autori che concordano
in questo teocentrismo, nuovo paradigma di ricerca, tra cui: Race,
Knitter, Samartha. Interessante la ricerca condotta dal secondo
che afferma:
«La teologia della liberazione delle religioni cristiane,
deve proporre come terreno comune o punto di partenza per l’incontro
religioso non il “Theos”, il Mistero Ineffabile del divino, bensì
la “soterìa”...» .
Tra i teologi pluralisti occorre menzionare J. Hick, in un panorama
stracolmo di “inclusivisti”, rifiutano l’alternatività stabilita
tra paradigma cristiano e teologico, mettendo in evidenzia l’insostenibilità
della tesi. Le osservazioni di L. Newbigin ci aiutano a meglio comprendere
il procedere tra la scienza e seguito dai teologi pluralisti.
«La parte scientifica della nostra cultura continua a fiorire
perchè non accetta il pluralismo. [...] la proposta di separare
la ricerca dalla “salvezza” dall’impegno di distinguere la verità
dall’errore, sia un segnale dell’approssimarsi della morte di una
cultura.» .
Newbigin osserva che il XX secolo è disseminato di tristi
dimostrazioni; il carattere unico del Vangelo è la sovrana
ed assoluta forma del Creatore ed è pensato nella forma di
un uomo crocifisso. La verità ha delle implicazioni positive
e negative, ciò implica che l’accettazione debba condurre
ad un approfondimento della verità e delle pretese di negarla
le quali non conducono a verità ulteriore.
G. D’Costa nella sua opera sulla teologia pluralista apparsa ad
Oxford nel 1986, in cui pone al centro della riflessione due assiomi
fondamentali della fede cristiana: a) volontà salvifico-universale
(1Tm 2,5); b) mediazione di Cristo (espressa in 1Tm 2,5). La posizione
“esclusivista” ha il suo rappresentante in Kraemer che fonda i suoi
studi sul secondo assioma; necessario, per il raggiungimento salvezza,
la mediazione di Cristo. Il pluralismo si fonda sul primo e trascura
il secondo invece; dunque le due prospettive sono diametralmente
opposte. Il più attestato rappresentante è K. Rahner,
in grado di equilibrare i suoi due assiomi
« La forma di inclusivismo che ho sostenuto tenta pienamente
di far onore ai due assiomi cristiani più importanti: che
la salvezza viene solo da Dio nel Cristo e che la volontà
salvifica di Dio è veramente universale» .
Tra i pluralisti va ricordato J. Dupuis ed il suo libro il cui titolo
si ispira al tema della Dichiarazione della Tredicesima Riunione
Annuale dell’Associazione teologica Indiana del dicembre 1989 «Verso
una teologia crisitano-indiana del pluralismo religioso: la nostra
incessante ricerca». Egli osserva che la vera problematica
è nell’accettazione del pluralismo religioso che deve esser
accettato come realtà “de facto” e teologicamente
«come esistente “de jure”... Ai limiti innati ed inevitabili
di ogni apprensione umana del Mistero divino». Dupuis prosegue
affermando che è inoltre necessario «fondare una pluralità
di principio su una visione della religione come null’altro che
una ricerca umana del Divino» . Altresì «la religione
deve ricercarsi in una automanifestazione divina agli esseri umani.»
.
Questa prospettiva appare in linea con la Scrittura e continua affermando
che il principio pluralistico
«troverà il suo fondamento primario nella sovrabbondante
ricchezza e varietà delle automanifestazioni di Dio all’umanità.
[...] Il pluralismo religioso di principio si fonda sull’immensità
di un Dio che è Amore.» .
L’unicità di Cristo è definita: “costitutiva relazionale”;
questa però non può esser interpretata come assoluta,
è «volontà salvifica di Dio» . Cristo
essendo unico è “costitutivo”; dice l’Autore
«l’evento storico nel suo farsi carne di Dio segna il più
profondo e decisivo coinvolgimento di quest’ultimo nelle sorti dell’umanità
[...] risorta in Gesù. Esso è dunque [...] nel tempo
ed universalmente nel significato; [...] “singolarmente unico”,
e nondimeno in relazione con tutte le altre manifestazioni divine
all’umanità in un’unica storia di salvezza; vale a dire:
relazionale.» .
«Risulta possibile superare non soltanto il paradigma esclusivista,
ma anche quello inclusivista, senza tuttavia far ricorso al paradigma
“pluralista” basato sulla negazione della salvezza “sostitutiva”
in Gesù Cristo. Il modello della cristologia trinitaria,
l’”illuminazione” universale da parte del verbo di Dio e la vivificazione
da parte del suo Spirito, rendono possibile scoprire in altre figure
e tradizioni salvifiche verità e grazia non esplicitate con
lo stesso vigore e chiarezza nella rivelazione e manifestazione
di Dio in Gesù Cristo.» .
L’aspetto più interessante della prospettiva adottata da
Dupuis pone in luce la complementarietà tra cristianesimo
ed altre religioni che rende possibile quella convergenza che consente
il dialogo interconfessionale e lo sviluppo dell’ecumenismo. Appare
una linea che magnifica la “convergenza-complementarietà”
che è compimento del regno di Dio. Si realizza quella «compiutezza
finale comune del cristianesimo e delle altre religioni.»
.
3. CONCLUSIONI
A termine della presente analisi occorre precisare che si distinguono
due posizioni, già emerse nel corso della trattazione, riguardanti
la linea “costitutiva-relazionale” e “pluralistico-relazionale”.
Rispetto la linea di Dupuis bisogna sottolineare le molte cristiche
mossegli da suoi colleghi, uno dei quali scrive:
«A noi pare che tale visione non sia esente da equivocità
come nel sostenere una pienezza qualitativa in Cristo che sembra,
di fatto, corrispondere più ad una valenza quantitativa che
sostanziale [...]. Probabilmente la radice di questa posizione è
situata nell’ipotesi che il verbo sia qualcosa d’altro e di più
di Gesù Cristo[...]. Se così fosse non saremmo distanti
dall’idea della “eccedenza del Logos”, quale spazio dello Spirito
che consente ad ogni religione la propria assolutezza salvifica,
e la tendenza ad una pienezza da nessuna ancora realizzata. Un simile
presupposto potrebbe sottrarsi con difficoltà al sospetto
di una distinzione/separazione all’interno dell’unica persona del
figlio di Dio incarnato, nel solco della controversia nestoriana,
rischiando di confluire verso le conclusioni delle note posizioni
pluraliste, nell’ambito della teologia delle religioni. In questo
caso si richiederebbero più spiegazioni e correttivi di quanti
non se ne esibiscano con chiarezza ad un primo impatto» .
La posizione comunque assunta dal teologo gesuita, che si riconosce
nella linea dell’inclusivismo, si pronuncia però in modo
“relativista” (in Hick il massimo esponente). Il “paradigma inclusivista”
afferma che la salvezza di Cristo risorto raggiunge tutti gli uomini;
ciò non significa che le religioni siano prive di autonomia,
bensì “direttamente” connesse ad un fatto particolare della
storia. La sorgente è nel Dio che ha risuscitato il Cristo
e che chiama tutti gli uomini a partecipare della Risurrezione del
Figlio. Questo dato è paradigmatico nella ricerca biblica
dello sviluppo missiologico di prospettive bibliche per una teologia
delle religioni.
La teologia delle religioni può dunque trovare una luce che
illumini l’intelligenza della fede stessa, che mostri le risposte
alle domande che sorgono dalla esperienza e dalla storia.
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