Alessio Varisco
storie e controstorie della storia dell'arte e suoi simboli
 
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" Il Cristo risorto in croce di Sarzana "

 

storie e controstorie della storia dell'arte e suoi simboli

 

Capitolo I

"pittura e simbolica"

Pittura e simbolica

CROCE DI SARZANA FABBRICATA DA MASTRO GUGLIELMO - 1138,

CUSTODITA NELLA CATTEDRALE DI S. MARIA ASSUNTA.

 

Il crocefisso di Mastro GUITELMO di Sarzana, con storie della Passione, è un’opera certamente realizzata da un autore che conosce l’arte orientale più caratteristica: l’Icona.

A differenza di tutti gli altri successivi è l’unico in Italia che mostra la figura del Messia che vince la morte così come sottolineano gli storici e gli esperti di iconologia, esso contempla un’animata e variopinta manifestazione di un Cristo risorto.

La tradizione lo fa risalire alla seconda metà del dodicesimo secolo ma le recenti analisi datano la figura del corpo intorno alla prima metà del quattordicesimo secolo.

Tralasciando le brutture dei “restauri” succedutisi negli anni, grazie ai quali il Cristo aveva sei dita per piede, si sono scoperte man mano diverse scritte e le tracce originali del sangue che sgorga dalle ferite, oltre a diverse decorazioni rovinate dal nero fumo.

E’ un’opera sintetica che aveva, come molte, un carattere didattico e molto intenso a livello teologico. Vi sono sette immagini che illustrano la Passione sul lato sinistro a destro del tronco e degli arti inferiori (quattro registri bifronti),oltre all’adorazione a Maria, vi è il Giudizio Finale che troneggia nella mandorla in alto e vicino alle mani le quattro immagini degli Evangelisti con i loro rispettivi simboli. La Madonna e Giovanni piangono dinanzi la Croce (primo registro), il bacio di Giuda, la Salita al Calvario, la crocifissione, più in basso il Sepolcro vuoto con l’Annuncio alle donne, a destra la Vestizione del Corpo nel Sepolcro.

Orbene la poetica strutturale, l’analisi attenta della composizione, la fissità frontale, la mancanza di una prospettiva -non ancora nata ma già in nuce- occidentale, la posizione statica di alcuni dei personaggi lo fanno certamente sembrare un Cristo Risorto in Croce Trionfante la morte, così radioso da illuminare il mondo.

E’ una visione diversa dalle conosciute e prossime opere della terra umbra che certamente lo rendono impareggiabile.

E’ una icona pasquale che beatifica la Resurrezione del Terzo Giorno e la rende visibile, udibile. E’ percepibile l’attenzione meticolosa di un artigiano che “sacralizza” il supporto per renderlo spazio naturale. Il colore originale è, come dal recente restauro, verde come quel prato sul quale lo strumento di morte fu issato. E’ la vittoria di noi cristiani, è la gioia di sapere che Cristo, dopo essere risorto dai morti, non muore più (Rm 6,9). E’ su un prato; quello stesso che anima la nostra vita, sul quale danziamo ed è certamente da quel prato che Lui è dipartito, trasfigurandosi.

E’ misteriosa questa immagine fatalmente inquietante, con pochi tratti ci indica il mistero del nostro essere Cruce Signati. E’ certamente molto ed è un manifesto della presenza viva della Trinità in mezzo a noi.

Maria , gli Apostoli, gli Evangelisti sono i testimoni della Storia (Verbo) che si è fatta carne e ha preso dimora fra noi e che da quella Croce è spirata in un Soffio

Successivamente la tematica verrà ripresa da un Crocifisso con storie della Passione, di ignoto pisano, tempera su pergamena custodito al Museo di S. Matteo di Pisa. Quello pisano appare morto con il capo reclinato sulla spalla dall’espressione sofferente ed il Corpo inarcato dal dolore del trapasso. Secondo l’iconografia bizantina è il Cristo Moriendi che celebra il dolore e la Sua morte che darà il via ad una poetica molto intensa nei crocefissi su tavole: di Santa Croce a Firenze del Cimabue, di Santa Maria Novella a Firenze di Giotto e altri di scuola umbra e toscana.

Questo di Guglielmo è quindi un’esperienza unica che in tutta l’area italica non ha eguali: primo e l’ultimo della costruzione caratteristica di Croci di che si sviluppa nell’area mediterranea fra il dodicesimo ed il quattordicesimo secolo. In nessuno dipinto è stato mai rappresentato il Volto di Cristo Vivo In Croce se non in questo misterioso di Mastro Guglielmo venuto certamente da oriente.

La poetica, formulata in modo molto incisivo, ben oltre il formulario classico e d’uso fa ci fa pensare che questi non sia bizantino...

Un nodo della storia: le vicende del Cristo tutte da leggere o meglio guardare!

Monza, Técne, 1994.

 

Alessio Varisco, Magister Artis

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